lunedì 30 luglio 2007

No Martini...

Da La Repubblica

Per lui, ormai, la messa in latino ha più che altro il sapore evocativo della memoria, degli anni della giovinezza e dei suoi primi studi da sacerdote. Ma ritornare a celebrarla adesso, questo no. Il cardinale emerito di Milano, Carlo Maria Martini, sceglie di voltare definitivamente le spalle all´antico rito, liberalizzato da papa Benedetto XVI nel motu proprio "Summarum Pontificum" che entrerà in vigore il prossimo 14 settembre.


Il cardinale, in un suo intervento sul supplemento domenicale de "Il Sole 24 Ore", non critica apertamente la scelta di Ratzinger, del quale «ammira la volontà ecumenica a venire incontro a tutti». Ma la presa di distanza dal pontefice - che ha ripristinato la modalità di celebrazione precedente la riforma del Concilio Vaticano II del 1970 - è palpabile.

«L´antico rito è stato quello della mia prima comunione, delle incipienti esperienze di chierichetto, della mia ordinazione sacerdotale» ricorda Martini, quasi con nostalgia. Ma sono tre i motivi per i quali il cardinale, alla fine, dice di no ad una liturgia pure da lui praticata nel corso di 35 anni di vita.

Per prima cosa, il ritorno ai vecchi riti rappresenterebbe per Martini l´allontanamento da quell´apertura sociale voluta 37 anni fa da Paolo VI che, per tanti fedeli, «ha costituito una fonte di ringiovanimento interiore e di nutrimento spirituale», nonché «un bel passo avanti per la comprensione della liturgia e della sua capacità di nutrirci della Parola di Dio, offerte in misura molto più abbondante rispetto a prima».

Ancora, Martini non nega il timore del ritorno di un sapore un po´ asfittico nell´esperienza delle fede: «Non posso non risentire quel senso di chiuso che emanava dall´insieme di quel tipo di vita cristiana così come allora si viveva, dove il fedele con fatica trovava quel respiro di libertà e di responsabilità da vivere in prima persona di cui parla san Paolo».

Infine, il cardinale si sente chiamato in causa anche come pastore che ha compreso «l´importanza di una comunione anche nelle forme di preghiera liturgica che esprima in un solo linguaggio l´adesione di tutti al mistero altissimo».

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