sabato 5 luglio 2008

La guerra dei Roses

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Secondo gli “addetti ai livori”, in parole povere, il reale motivo della crisi eterna tra Silvio e la moglie avrebbe origine dalla diversità di opinione sul frazionamento del patrimonio billionaire tra i 5 figli.

Ora il frutto di primo letto della carica fecondativa del Cavaliere sono Marina (capo della Mondadori) e Piersilvio (capo di Mediaset), quelli sfornati dai lombi della Lario sono invece tre: Luigi, Barbara ed Eleonora. Che per ora, vista anche l’età, non ricoprono nulla di importante se non il ruolo di consigliere.

Ora se la matematica non è un’opinione si prende il montepremi dei sudori del Cav infojato e lo si divide per 5: 20% ciascheduno. Facile, no? Invece, qui sta il casino: dividendo così i tre pargoli di Veronica avrebbero in mano il 60% dell’impero, ergo la maggioranza e Silvio non lo trova opportuno, per non dire ingiusto. Lui vuole dividere a metà: 50% a Marina e Piersilvio e l’altra metà ai tre pargoli di secondo letto. Ma da questo orecchio Veronica non ci sente.

Certo, con una separazione per colpa, la situazione si ribalterebbe a suo favore, e con le chiacchiere hard-core di Silvio sarebbe una passeggiata. Ma quelle maledette intercettazione non intendono uscire e una separazione consensuale porterebbe solo a un accordo famigliare (50% e 50%). Salvo errori, orrori e omissioni, così raccontano.
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(Dagospia)

giovedì 3 luglio 2008

La festa è finita.

di Mario Tozzi
Sembra vicino il momento in cui per assicurarsi un barile di petrolio ci vorranno 150 dollari e molti economisti vedono non più irraggiungibile la cifra di 200 dollari che, solo qualche anno fa, nessuno avrebbe mai neppure potuto ipotizzare. In pratica ci stiamo apprestando a pagare il petrolio un dollaro e più al litro, cosa che si tradurrà in cifre impensabili anche per i carburanti. Eppure nessuno fra gli stessi economisti sembra seriamente preoccupato, anzi tutti ritengono che si tratti di una contingenza che potrebbe essere facilmente superata, magari con la buona volontà dei Paesi produttori, che prima o poi incrementeranno l’estrazione e ci porteranno fuori dal guado. In realtà, se osserviamo le cose da un punto di vista fisico, pare sempre più evidente che da quel guado rischiamo di non uscire più. Semplicemente perché non è sicuro che quei Paesi potrebbero incrementare la produzione, che invece sembra destinata a un inesorabile declino.

Solo negli Anni 70 il greggio è costato quanto e più di adesso: erano i tempi dell’embargo petrolifero e delle domeniche a piedi a causa della chiusura dei rubinetti arabi. Si trattava di picchi contingenti che furono superati politicamente negli stessi anni in cui venivano scoperti gli ultimi giacimenti di petrolio di dimensioni veramente ragguardevoli. Da quel momento in poi, al mondo di campi petroliferi se ne sono scoperti molto pochi, nonostante la caduta del Muro di Berlino che ha permesso un’esplorazione più estensiva nei Paesi ex sovietici, favoleggiati come ricchissimi di greggio ma, nei fatti, incredibilmente poveri. Ogni tanto giunge voce di eccezionali scoperte in Brasile o si spera di riaprire le prospezioni in Antartide (dove il petrolio magari c’è, ma fortunatamente non si può estrarre a causa di una convenzione internazionale che difende la wilderness di quelle aree destinate alla sola ricerca e conservazione) o si conta sulla tecnologia per scavare petrolio dal fondo del mare, a profondità che, per adesso, pongono insormontabili problemi ambientali.

Oltretutto, neppure si può oggi contare su quegli idrocarburi cosiddetti non convenzionali (come gli scisti bituminosi), che pure esistono, ma la cui estrazione, in Canada, sta richiedendo più energia di quella che poi se ne può ricavare dallo sfruttamento (immaginate di dover ricavare combustibile dal catrame raggrumato in una spiaggia «lavando» la sabbia stessa con acqua bollente e solventi chimici!), con un rischio ambientale talmente elevato da costringere le compagnie a ripiantumare intere foreste per mitigarlo.

Perciò non si trova più petrolio a buon mercato, quello convenzionale, i cui costi di sfruttamento sono compatibili con le attuali economie di mercato. In sostanza, un conto è il petrolio facile, quello sfruttato fino a oggi che ha permesso guadagni immensi e ha comportato tutto sommato problemi tecnologici di scarso rilievo e costi contenuti, un altro conto è il petrolio teoricamente disponibile sulla Terra, che difficilmente può essere messo nel conto complessivo delle riserve. E, nel frattempo, i giacimenti già esistenti sono sfruttati al ritmo assurdo di 75 milioni di barili al giorno: se prevediamo che rimangano più o meno mille miliardi di barili, siamo incredibilmente vicini a quel tip-point di metà delle riserve sfruttate (picco del petrolio) che, per leggi naturali ineluttabili, corrisponde al momento in cui ogni altro barile di greggio costerà di più e sarà più difficile da estrarre. Quindi, se ai consumi forsennati non possiamo sopperire con altre scoperte, non ci vuole un genio per capire che il petrolio convenzionale sta per finire ora - non fra 30-40 anni -, molto probabilmente entro il 2011.

Se però le cose stanno così, come si fa a sperare che l’aumento dei prezzi al barile sia solo frutto di un momento contingente? Come si fa a non prendere nessuna contromisura e a sperare in un ribasso che, se ci sarà, potrà essere solo temporaneo? A pensarci bene, però, continuiamo a farci la domanda sbagliata: non è importante quando finirà il petrolio, ma per quanto tempo ancora saremo disposti a sopportare di pagare un prezzo ambientale così alto per bruciare idrocarburi. Dovremmo rispondere: neanche per un altro minuto, ma nessuno sembra voler veramente ragionare sul fatto che la società basata sui combustibili fossili è al suo passo d’addio sulla scena del pianeta.

(La Stampa)

Luna di fiele

di Luca Ricolfi
La luna di miele fra l’Italia e il governo sta volgendo al termine. Non c’è bisogno di fare sondaggi per accorgersene: chi ha votato a sinistra pensa di aver fatto l’unica cosa possibile, mentre molti elettori di destra non nascondono la loro delusione e i loro dubbi. Eletto per occuparsi di noi, Berlusconi sembra preoccuparsi solo di sé: prima Rete 4, poi le intercettazioni, poi il processo Mills, poi il disegno di legge salva-premier, poi di nuovo le intercettazioni, i giornalisti, i magistrati.

Però non è così. Mentre noi ci godiamo il calcio e il reality delle attricette raccomandate il governo sta lavorando alacremente, e quel che sta facendo in questo periodo avrà conseguenze durature sulla nostra vita. Il governo ha approvato un decreto sulla sicurezza e un decreto fiscale, ha presentato il Documento di programmazione economico-finanziaria (Dpef), si appresta a varare anticipatamente la legge finanziaria. Inoltre ha deciso che questa volta la manovra non riguarderà solo l’anno a venire (2009), ma inciderà direttamente anche sugli anni successivi.

Che cosa ci riservano tutte queste iniziative? Spero di sbagliarmi, ma a occhio e croce direi che il governo sta silenziosamente tradendo le speranze di chi l’ha votato. Non tanto perché si appresta a varare l’ennesimo pacchetto di leggi ad personam (questo, colpevolmente, interessa poco gli italiani, e pochissimo gli elettori di centro-destra), ma perché più o meno esplicitamente sta facendo marcia indietro sui tre fronti che - appena tre mesi fa - lo avevano visto vincere la sfida con il centro-sinistra.

Il primo fronte sono le tasse. Ho letto attentamente il Dpef e con grande sorpresa ho scoperto che la pressione fiscale non diminuirà nemmeno entro il 2013, e sarà allora più o meno la medesima di oggi, appena ereditata da Prodi (circa il 43% del pil). In poche parole per i prossimi cinque anni le tasse non scenderanno, mentre in campagna elettorale il centro-destra aveva promesso di ridurle progressivamente al di sotto del 40% del Pil (almeno 50 miliardi di euro di tasse in meno, ai prezzi attuali). Coerentemente, il tasso di crescita dell’Italia previsto per i prossimi anni è modestissimo (meno dell’ 1,5%), e resta ampiamente al di sotto di quello dell’Eurozona. In materia di tasse l’unica luce che si intravede all’orizzonte è la semplificazione degli adempimenti fiscali, che speriamo possa procedere senza intoppi e produrre qualche effetto benefico.

Il secondo fronte è la sicurezza. Qui spiace fare la Cassandra, ma per cancellare il mio pessimismo qualcuno dovrebbe spiegarmi come si fa ad avere più giustizia e meno criminalità finché: a) si riducono le risorse alle forze dell’ordine; b) non si fanno investimenti massicci nell’edilizia carceraria; c) si limitano le intercettazioni senza conferire risorse economiche sostitutive; d) si vara una sospensione dei processi che diminuirà l’efficienza della giustizia (un punto rilevato da molti, ma magistralmente spiegato nei dettagli da Bruno Tinti qualche giorno fa su questo giornale).

L’ultimo fronte è la lotta agli sprechi. Non ho dubbi che ministri come Renato Brunetta (Funzione pubblica) e Mariastella Gelmini (Istruzione e università) siano armati delle migliori intenzioni, ma vorrei ricordare che il problema degli sprechi della Pubblica Amministrazione è concentrato in determinati territori (spesso al Sud, ma non solo), e che il ministro Tremonti aveva preso l’impegno di fissare obiettivi di risparmio geograficamente differenziati. Mi auguro di essere smentito, ma mi pare che finora il riferimento alle differenze regionali sia rimasto un po’ generico (si parla di una grande discussione d’autunno sul federalismo fiscale), e che anzi qualche volta si sia riaffacciato lo spettro del «metodo Gordon Brown», ossia di tagli generalizzati o proporzionali alla spesa storica.
Niente diminuzione delle tasse. Improbabile aumento della sicurezza. Scarsa riduzione degli sprechi. Questo mi sembra quel che rischiamo nei prossimi anni. E tutto perché, mentre su questo si decideva, eravamo concentrati tutti quanti su un solo sia pure importantissimo nodo politico: la 374esima puntata della serie tv «Io, le veline e i magistrati».
(La Stampa)

mercoledì 2 luglio 2008

LIBERA!

Il prezzo del petrolio

Aspettando la Cordata...


Il ministro comincia a mettere le mani avanti.

"Stiamo parlando di un'azienda che è sull'orlo del fallimento"
(Claudio Scaiola - Ministro dello Sviluppo economico)

W la figa

Pare che il nostro cattolicissimo Capo faccia largo consumo di Viagra.

Metamorfosi della democrazia

di Giuseppe d'Avanzo
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Il sovrano (Berlusconi) sa che - alle viste - non c'è alcuno (partito, istituzione, élite, opinione pubblica) che dia espressione e senso a questo deficit politico e culturale, attualissimo. Il Pd, se è nato, è ancora in fasce, privo di linguaggio e quindi di pensiero: si balocca, in mancanza d'altro, con totem inattuali (un "dialogo" che non c'è). Casini, residuale, non riesce a declinare, dall'opposizione, la sua grammatica della moderazione. Di Pietro, sostenuto dalle "agenzie del risentimento", si colloca tra i suoi migliori alleati con un letale "tanto peggio, tanto meglio". La sinistra radicale, suicidatasi, fatica a rinascere. Cala il capo l'establishment, incerto del suo stesso destino (non c'è posto per tutti sul carro: in tempi di stagnazione, qualcuno morirà). La società appare ammutolita in una zona opaca di indifferenza, confusa dal rumore dei media.
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martedì 1 luglio 2008

Dilemmi Autocritici

Ci vado? O non ci vado?

Chi è senza peccato...

Sydney, aumentato l'organico del club «Xclusive» (un bordello) in vista delle Giornate mondiali della gioventù
(Il Corriere della Sera )

The winner is...

La lista dei primi 20 Paesi consumatori di petrolio, in barili giornalieri:

1. USA- 20,698,000
2. China- 7,855,000
3. Japan- 5,041,000

4. India- 2,748,000
5. Russia- 2,699,000
6. Germany- 2,393,000
7. South Korea- 2,371,000
8. Canada- 2,303,000
9. Brazil- 2,192,000
10. Saudi Arabia- 2,154,000
11. Mexico- 2,024,000
12. France- 1,919,000
13. Italy- 1,745,000
14. UK- 1,696,000
15. Iran- 1,621,000
16. Spain- 1,615,000
17. Indonesia- 1,157,000
18. Taiwan- 1,123,000
19. Netherlands- 1,044,000
20. Australia- 935,000


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I fatti rilevanti

di Alessandro Gilioli
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Ecco, quattro giorni dopo la pubblicazione vorrei far notare che c’è un piccolo equivoco. I fatti rilevanti che emergono in quelle telefonate sono:

1. Il tentativo di Berlusconi far cadere un governo avverso facendo favori a un senatore “incerto” del centrosinistra. Si tratta, oltre che di un reato, di un fatto che all’estero porterebbe alle dimissioni immediate da ogni incarico di chi l’ha messo in atto.

2. L’arruolamento in questa operazione di un membro dell’Autorità Garante delle Comunicazioni, Giancarlo Innocenzi. In pratica questo signore, che di mestiere doveva «controllare il mercato delle comunicazioni», svolgeva invece servizi (e che servizi) per un leader politico che era anche uno dei due soggetti più potenti proprio nel mondo delle comunicazioni.

3. Berlusconi, che sostiene di non avere alcun ruolo operativo in Mediaset dal ‘94, continua invece a svolgere gli interessi dell’azienda di cui è proprietario e ad attivarsi per il mantenimento del duopolio, evitando l’espansione di soggetti terzi meno controllabili.

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Reati inventati

di Furio Colombo

LA FRASE DEL GIORNO: “Ci vuole una legge che introduca il reato di prostituzione in strada”. Editto di Alemanno I nuovo sindaco di Roma (Corriere della Sera, 27 giugno)

Cominciamo a capire che cosa servirà il “Ministero per le semplificazioni” (perfetta istituzione orwelliana) affidato al dentista Calderoli (del resto la stessa gente aveva affidato il Ministero della Giustizia all’Ing. Castelli, noto tecnico dei rumori). Il Ministro delle semplificazione dovrà spiegare se strada sta per “all’aperto” o “dovunque ma non in casa” o se invece solo esenti coloro che “esercitano” in piazza, o in Largo Toniolo. Spetterà inoltre all’illustre semplificatore spiegare come sia possibile che il luogo definisca il reato, anziché definire il reato nella descrizione di uno specifico atto, dovunque accada. Esempio: picchiare la moglie in strada, con una brutta scena davanti a tutti, è un reato più grande che picchiarla tranquillamente tra le appartate mura domestiche? Ed esiste (e come si distingue nel codice) il furto con destrezza da fermi o in movimento? Commetterlo sull’Eurostar è un aggravante? E un clandestino sull’Eurostar è più clandestino di un clandestino in bus? E la prostituzione in treno? Comunque avrete notato che la virile cultura del fare, che disprezza le lungaggini dell’andare a spiegare in Parlamento, sta venendo avanti con una sua lista di nuovi reati (il reato di clandestinità, il reato di prostituzione, ma solo se commesso in Via Angelo Silvio Novaro) tutti facili da imputare perché pochi avranno a disposizione l’avvocato Ghedini, tutti facili da “portare a sentenza” dura e pura non appena avranno finito di schedare i bambini, tutti a beneficio delle nostre semivuote galere. Il futuro è già cominciato. Un banale dettaglio: prima bisogna estirpare il cancro della società. Come chi? I giudici.

lunedì 30 giugno 2008

Momenti imperdibili

Sarà un momento formidabile per il nostro paese, quello in cui un grande giornale straniero pubblicherà la foto di un robusto poliziotto italiano che schiaccia il ditino di un bambino rom su un tampone d’inchiostro
(Luca Sofri)

Parole Sante

di Alessandro Gilioli

Le foto di Di Pietro sul trattore hanno scatenato un piccolo dibattito, qui in redazione. Qualcuno, ad esempio, ci rivedeva l’iconografia dei dittatori del secolo scorso, tipo Mussolini nell’agro romano alla campagna del grano.

Personalmente, invece, penso che sia sempre più evidente l’accurata strategia di marketing dell’ex pm che vuole comunicare l’immagine di un’opposizione volutamente popolare - se non popolaresca: schietta al limite della rozzezza, ruvida al limite del villanesco.

Non è un caso che proprio nel giorno del trattore (metafora uguale e contraria al predellino di Berlusconi), Di Pietro s’è lanciato nell’insulto del “magnaccia” (termine vernacolare romanesco), dopo aver rivendicato come valore la sua ignoranza e una certa allergia ai libri.

A fronte di una destra che da anni sfonda nelle classi basse con un lessico politico fatto di culattoni e bingo bongo, Di Pietro avverte il rischio di un centrosinistra che ormai vince solo nelle “circoscrizioni numero uno”, quelle dei centri storici dove vivono i laureati e i professionisti.

Di Pietro - con i suoi congiuntivi approssimativi, la barba sfatta e la giacca sbagliata - ha messo nel cocktail della sua immagine una forte dose di deliberata bifolcheria. A me non piace, ovviamente, ma sono laureato, professionista e abito nella prima circoscrizione. Quindi non sono io il suo target.

E comunque - piaccia o no - quella di Di Pietro è un’immagine forte, un’identità definita, un messaggio mediatico chiaro. Cosa di cui in politica, oggi, c’è bisogno come il pane per provare a vincere.

Magari ne avessero altrettanta, d’identità, i flosci tizi per cui ho votato.

domenica 29 giugno 2008

Femminile virilità


di Eugenio Scalfari
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Lo confesso: ho un debole per la Marcegaglia. È chiara, decisa, dice sì sì, no no. Una capigliatura ondosa. Una femminile virilità. La sua ricetta è meno tasse, meno spese, salari agganciati alla produttività. Il programma di Berlusconi e anche di Tremonti, ma con qualche variante di non piccolo rilievo.

Prima variante: di diminuire le tasse non se ne parlerà fino al 2013. Avevano promesso di portare la pressione fiscale dal 43 al 40 per cento, ma ora che i voti li hanno avuti ci informano che nel 2013 la pressione fiscale sarà del 42,90. È contenta la Marcegaglia? Mi piacerebbe saperlo ma lei di queste cose non parla anche se su questo punto hanno fatto il diavolo a quattro ai tempi di Padoa-Schioppa e di Visco. Loro almeno i soldi li prendevano agli evasori e a Confindustria hanno dato cinque punti in meno di Irap e Ires. Tremonti l'Ires l'ha già riportata al livello originario, cinque punti e mezzo in più. È contenta signora? Lo dica, sì sì, no no, non muore nessuno. Qualcuno veramente ci lascia la pelle per uno straccio di contratto precario o in nero. Non dovreste espellerli da Confindustria quelli che assumono in nero?

Le spese. Tagliare gli sprechi va bene. Continuità con Padoa-Schioppa. L'Ufficio studi della Confindustria l'ha onestamente ricordato: continuità. Ma Tremonti non taglia solo le spese intermedie, taglia tutto. Tremonti è bravo. Ma lei, gentile Emma, constata con molto disappunto che la crescita nel 2008 sarà zero e nel 2009, se va bene, salirà allo 0,6. Andiamo di lusso. Con l'inflazione al 3,6 e per energia e alimentari al 5,5.

Crescita zero. Investimenti sotto zero. Taglio di spese deflatorio. Però due miliardi buttati per l'Ici. Trecento milioni buttati per Alitalia, che stanno per diventare un milione e mezzo se Banca Intesa darà il disco verde. Sommiamo queste cifre e aggiungiamoci l'elemosina dei 500 milioni "una tantum" ai pensionati poveri. Sono già quattro miliardi buttati dalla finestra. Però niente aumento dei salari se non aumenta la produttività.

Ma i suoi industriali, gentile Marcegaglia, loro per la produttività non è che abbiano fatto miracoli. Salvo il costo del lavoro da comprimere. Prodotti nuovi? Non se ne parla. Ricerca? Idem. Intanto crolla la Borsa. Non è colpa sua, signora Emma, né di Tremonti, né di Draghi. Però crolla. Trichet alzerà i tassi mentre la Fed li abbasserà. Chi ha ragione? Forse Draghi dovrebbe esprimersi e forse anche Tremonti e magari anche Confindustria.

Berlusconi è esentato. Lui si occupa di processi con Ghedini, di militari in strada con La Russa e di schedatura dei "rom" con Maroni. Ha ragione quel genio di Altan sull'ultimo numero dell'Espresso: una donnina con le labbra rosse e gli occhi pensierosi dice: "Ho paura ma non so di che cosa". Gli italiani li avete ridotti così.
(La Repubblica)

Chi è causa del suo mal...

L'Italia è a rischio "xenofobia o peggio, discriminazione razziale". A lanciare l'allarme è la Cei, che attraverso la sua fondazione Migrantes torna a condannare la richiesta del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, di prelevare le impronte digitali ai tutti i rom, bimbi compresi. Una schedatura che continua a spaccare il fronte politico, con l'opposizione che parla di "provvedimento incostituzionale" e la maggioranza che fa quadrato attorno a Maroni.

(La Repubblica)

Piano piano si svegliano tutti....pure loro che hanno votato e invitato a votare in massa questo governo.

Enigmistica

A lettera uguale corrisponde cognome uguale. Dai che non è difficile.
B. «Senti, tu mi puoi fare, ricevere due persone...».
S. «Assolutamente».
B. «Perché io sono veramente dilaniato dalle richieste di coso. Con la Elena Russo non c'era più niente da fare, non c'è modo... le puoi fare una chiamata. La Elena Russo...».
S. «Sì, sì, sì».
B. «E poi la Evelina Manna, non c'entro niente io, è una cosa diciamo, di... Io sto cercando... di avere la maggioranza in Senato. E questa Evelina Manna può essere... perché mi è stata richiesta da qualcuno con cui sto trattando. E anche Elena Russo... grazie mille».

Due settimane più tardi, il 6 luglio alle 17,53. Questa volta è Berlusconi a cercare Saccà. «Ho quel problema anche che avevo accennato... di Elena Russo...».
S. «Sì».
B. «E tu mi avevi detto della produzione Bixio "Questo è amore..."».
S. «Esatto...».
B. «E "Betty Lafea"...».
S. «Esatto».
B. «E' una cosa possibile? Io ci terrei molto che si concretizzasse perché...».

La storia insegna

C'è stato già un esempio di etichettatura delle persone negli anni 30- 40 del secolo scorso. Ma lì si lavorava su larga scala.
Noi nel nostro piccolo , però, possiamo imparare. Nella foto che segue un pò di esempi per classificare le persone. Scusate, la foto è datata e in lingua tedesca ma il senso si capisce. Marchi differenti per riconoscere deviati diversi. Ovviamente qui non si parla delle persone "per bene". Si parla di persone povere e devianti che non hanno il buongusto di autoestinguersi. Devo fare esempi? che so.. zingari, rumeni, delinquenti, omosessuali,handicappati eccetera (già che ci siamo approfitto per una richiesta: aggiungete quelli con i capelli rossi.. a me stanno sul cazzo i capelli rossi) ... gente così insomma.... Pesi per la società...

Se poi questa marmaglia si ostina a non vole indossare tali segni di riconoscimento si può anche provvedere ad una marchiatura a fuoco. Anche questo è già stato inventato. Noi italiani arriviamo sempre tardi su certe cose. Anche il nostro Capo di allora ebbe delle titubanze.... poi però capì l'innovazione e si adeguo. Questi qui sotto sono dei piccoli numeri tatuati sugli avambracci.



Innocui ma utilissimi... metti che uno zingarello si perde.... lo si identifica subito da un pratico codice a barre stampigliato sul braccio....

Maroni prendi appunti. Fai le cose per bene.

Da che pulpito...


"Povero Veltroni: da seguace di Obama a gregario di Di Pietro..."
(Daniele Capezzone)









Qui un pò di dettagli sull'eclettico portavoce: da segretario dei Radicali a successore di Bondi.
Una carriera decisamente in ascesa.