sabato 24 maggio 2008

E Umberto dice sì.

Intervista a Umberto Veronesi sulla Stampa.
Senza tirare in ballo il fatto che l'istituto da lui presieduto viene sponsorizzato da Eni e Enel (vedere qui per credere),
visto l'argomento in questione, mi fiderei più di un fisico (Rubbia) che di un oncologo.



di LUCA UBALDESCHI
«Più che una scelta, il nucleare è un traguardo inevitabile» dice Umberto Veronesi, oncologo di fama internazionale e senatore del Pd.

Professore, perché inevitabile?
«Perché parlando di energia abbiamo un duplice problema: produrne quanta è necessaria allo sviluppo tenendo presente che secondo le ultime stime il fabbisogno mondiale aumenterà di oltre il 50% entro il 2030; e farlo proteggendo l'uomo e l'ambiente. Ecco, l'energia nucleare appare oggi come la fonte migliore per soddisfare i due requisiti. Non inquina ed è sicura per quanto riguarda la salute».

E le altre fonti di energia?
«I combustibili fossili, a cominciare da petrolio e carbone, finiranno entro qualche centinaio di anni».

Ci sono però fonti alternative che potrebbero essere sviluppate, non crede?
«L'energia idroelettrica è sfruttata quasi al massimo del potenziale; quella eolica è una prospettiva affascinante, però solo nei Paesi esposti ai venti, come in Nord Europa; l'energia geotermica, che è inesauribile, ha processi di estrazione troppo complessi e costosi; le biomasse sono promettenti, ma da utilizzare con raziocinio per non stravolgere l'equilibrio dell'impiego dei terreni per le coltivazioni. Infine l'energia solare: è pulita, inesauribile e va sfruttata di più anche in Italia, ma c'è ancora molto da investire sulle tecnologie per un pieno utilizzo».

Il nucleare scatena grandi paure. Ritiene siano tutte ingiustificate?
«Il timore delle radiazioni per la salute dell'uomo è infondato. Basti pensare che per il fatto stesso di stare sulla Terra ognuno di noi assorbe radiazioni ionizzanti, che sono cancerogene, in quantità non indifferenti: in 70 anni di vita assorbiamo una dose 140 volte più alta di quella ricevuta dall'incidente di Cernobyl. Va esclusa anche la minaccia per l'ambiente. L'International atomic energy, organismo promosso dall’Onu, ha dimostrato che le fonti nucleari unite a quelle idroelettriche hanno ridotto del 20% le emissioni di anidride carbonica».

E il rischio di incidenti?
«Non è un caso che il referendum con cui l’Italia disse no al nucleare avvenne nel 1987, cioè un anno dopo Cernobyl, quando l'opinione pubblica era comprensibilmente in preda al panico. Ma oggi il rischio di incidenti per le nuove centrali si è molto ridotto grazie alla ricerca e alla tecnologia. Nel mondo esistono 450 centrali nucleari in 33 Paesi. Negli Usa ci sono 103 reattori nucleari e in Europa l'Italia è l'unico Paese avanzato a non averne. Pensiamo davvero che tutti gli altri governi mettano a rischio i cittadini? Guardiamoci intorno: in Svizzera ci sono 5 reattori, in Spagna 9, in Germania 17, in Francia addirittura 58. Queste cifre dovrebbero far riflettere sui timori di avere “la centrale sotto casa”».

Esiste anche il problema delle scorie. Come lo valuta?
«Ci sono molte soluzioni e a costi accettabili. Vengono trattate per renderle inerti e quanto rimane viene sotterrato. In Francia, a Le Hague, c'è un deposito di scorie su cui la gente passeggia. Sono ben custodite e le radiazioni non ci raggiungeranno mai. Liberiamoci dai fantasmi: il nucleare non deve più evocare le bombe e la fine dell'umanità. Non trasferiamo su una fonte di energia la legittima condanna del suo uso improprio».

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