mercoledì 20 maggio 2009

Enrico Mentana

Alessandro Penna per "Oggi" (www.oggi.it)

Enrico Mentana ha da poco pubblicato un libro. Si intitola Passionaccia ed è lettura che sorprende, diverte, informa. Perché, se «parla come mangia» (ordine impartito ai «suoi» cronisti agli albori del Tg5), Mentana scrive quel che ha digerito. Roba forte: teoria e pratica di alto giornalismo, una grossa fetta degli anni di piombo e della Prima Repubblica, qualche polpetta avvelenata, quintali di cronaca, il berlusconismo dai suoi primi e imprevisti passi fino agli ultimi e prevedibili trionfi.

La passionaccia del titolo è, ovviamente, quella per il lavoro che ha fatto in Tv fino al 9 febbraio scorso, quando si dimise da direttore editoriale di Mediaset e gli venne tolta la conduzione di Matrix. Ma Mentana vive anche di altre passionacce.  Quella più privata riguarda le battute e le definizioni fulminanti, di cui è una specie di distributore automatico. Sua figlia Alice giura che non tutte vanno a segno, e che spesso è lui il primo a riderne. La seconda parte è vera. Sulla prima, giudicate voi. Noi ci siamo limitati a fare nomi e cognomi che attraversano il libro e l'attualità. Lui ci ha incollato la sua ironia a mitraglia.

Fedele Confalonieri.
«È stato il mio testimone di nozze ed è diventato un testimone a carico. Ma la storia non si giudica dalle ultime curve: per 17 anni è stato il garante della mia autonomia a Mediaset. Se lo incontro, lo saluto. Se mi chiama, gli rispondo. Non è successo».

Antonio Di Pietro.
«Un populista di destra che ha occupato l'unica bancarella sgombra del mercato politico: quello di populista di sinistra. Abile a cavalcare l'antiberlusconismo, una merce abbandonata da altri produttori».

Pier Silvio Berlusconi.
«Un arrivista che è nato arrivato. Si comporta come un giovane che vuole sfondare, ma ha 40 anni. E un'idea di televisione che, ai miei occhi, è ancora un po' confusa».

Lamberto Sposini.
«L'amico e il complice di tanta vita professionale. Ma non viviamo in simbiosi: nella stampa, non esistono i Fruttero & Lucentini. Il giornalismo è un mestiere individualistico che si fa in gruppo».

Joseph Ratzinger.
«Non si scherza coi santi, figuriamoci coi papi. Lo intervistai ai tempi dello scisma di Lefebvre. Lui era il prefetto per la dottrina della fede e preparò la scomunica. Bravo a scomunicare. A comunicare...».

Silvio Berlusconi.
«Se Noemi lo chiama "papino", mi sento autorizzato a soprannominarlo "Papino il breve". Il premier, però, non può essere liquidato in poche righe. Sospendiamo il gioco?».

Sospendiamolo.
«Berlusconi è il padrone di questo Paese e di un impero editoriale fortissimo, il leader politico più votato, il capo incontrastabile del suo partito. Tutto questo 15 anni dopo essere "disceso in campo" tra le pernacchie di molti. Tutto questo non solo grazie al suo strapotere e alla manipolazione dei mass media. Voglio dire...».

Vuole dire...
«C'è questa convinzione dietrologica per cui Berlusconi ha mandato in onda Dinasty, Uccelli di Rovo, La ruota della fortuna per rincoglionirci, per lobotomizzare l'elettorato. Fesserie, e lo dice uno che ha assistito alla sua cavalcata da "dentro" le quinte. Se lui ce l'ha fatta, è stato molto per merito suo, un po' per via di una costruzione del consenso borderline, ma anche per una progressiva dispersione della credibilità della sinistra. Non ho nulla contro Franceschini, ma non posso non notare lo scarto che c'è tra lui e chi governava la sinistra trent'anni fa. Ecco, se non facciamo questo ragionamento, disegniamo un ritratto di un usurpatore che ha fatto un golpe. Non è così. Però è vero che Berlusconi ha in questo Paese un potere non paragonabile a quello di nessun altro leader di una democrazia occidentale».

Emilio Fede.
«Nel cognome, il destino. Ma non riesco ad avercela con lui: è il giornalista più specchiatamente schierato che ci sia. Meglio lui di molti "paraculi". Stesso discorso per Bonaiuti».

Lo ricorda lei nel libro... Quando Fede, su probabile invito di Berlusconi, attaccò Montanelli, il giornalista del Messaggero Bonaiuti scrisse: «Silvio ha tentazioni da Minculpop». Pochi mesi dopo, era il suo portavoce.
«In Italia c'è il diritto di cambiare idea. Lui non è salito sul carro del vincitore: è salito su un carro che partecipava per la prima volta a una corsa difficile. E che poi ha vinto».

Antonio Ricci.
«Ha in comune con me un'immutata vena anarchica. Sa che se il vento soffia a favore di Berlusconi, è Berlusconi che va deriso. Fa meglio di tutti quel che dovrebbe fare la satira: non guardare in faccia a nessuno, prendere per il sedere

Carlo Rossella.
«Un elegantissimo dandy di cui è impossibile non essere amici. Un uomo con sconfinato uso di mondo, capace di stare a pranzo da Berlusconi e a cena con Veltroni».

Capace anche di subentrarle senza battere ciglio quando la cacciarono dal Tg5. Sua moglie Michela Rocco di Torrepadula commentò: «Carlo è un amico di merda».
«Cosa avrebbe dovuto fare, Rossella, rifiutarsi? Non so quale sia il protocollo in questi casi: sono stato rimosso più volte, ma ho avuto la fortuna di non succedere a nessuno... Il Tg5 è nato con me, Matrix pure».

A proposito di successori: Alessio Vinci, suo erede a Matrix.
«Un ottimo giornalista. L'ho introdotto io al talk show. Ora paga lo scotto di un mestiere, quello del conduttore, diverso da quello che faceva prima».

Marcello Dell'Utri.
«Passa per l'anima nera del berlusconismo. A me dà l'idea del parafulmine».

Veronica Lario in Berlusconi.
«L'ho vista una sola volta a Bruxelles, a un concerto del maestro Muti, nel 1996. Quindi: non la conosco. Quindi: non entro nel merito del divorzio».

Cos'è, «paraculaggine»?
«È rispetto per una vicenda dolorosa e privata sempre».

Anche se è stata resa pubblica da entrambi i protagonisti?
«Dolorosa e privata sempre».

In Passionaccia lei ha fatto outing: era socialista e in quota socialista venne assunto al Tg1. Quindi: Bettino Craxi.
«Un innovatore che è morto da simbolo di una cosa vecchia, la Prima Repubblica. Ma la Storia deve ancora scrivere la parola definitiva su di lui».

Michele Santoro.
«Un Fede alla rovescia. Anche se la sinistra non lo ama quanto a destra amano Fede».

Federica Rosatelli.
«Non so chi sia».

La protagonista lacrimante di quella famosa puntata del Gf che non interruppero nonostante la morte di Eluana Englaro e la sua disponibilità ad anticipare Matrix.
«Non so chi sia e penso di poter continuare a vivere a lungo senza saperlo».

Fabrizio Corona.
«Un simpatico farabutto: bello, dannato e cialtrone. Fa cose che nessuno di noi farebbe, è trasgressivo, a volte anche delle leggi. Ma attenzione: non è un'escrescenza. È un figlio naturale dei nostri tempi». 

Luciano Moggi.
«Un Corona senza la bellezza. E senza Belen. Però, non ci credo che sia stato solo lui a minare la credibilità del nostro calcio».

Dopo lo scudetto, chiusura obbligata: José Mourinho.
«Più che un uomo, un'antenna. Che capta tutto: segnali, polemiche, odii, e li rielabora. Avercene, di tipi come lui, e non solo nel calcio. Detto questo: aspetto ancora la Champions League».

(Via Dagospia)

1 commenti:

Video Classifica ha detto...

é un peccato che mediaset abbia perso un grande giornalista. Con lui si poteva ancora dire che il giornalissimo fosse qualcosa di serio
www.video-classifica.com