di Filippo Facci
Ringrazio l’onorevole Flavia Perina, direttore del Secolo d’Italia, per averci finalmente spiegato quella «specificità tutta nostra» che dovrebbe impedirci di pensionare le nostre donne a 65 anni, come nel resto d’Europa. Ora ho capito: le nostre donne «producono un valore aggiunto sociale di portata incalcolabile». Ossia? La maternità, certo. Quella maternità, aggiungo io, che è la più mammona, piagnona, vittimista, iperprotettiva e bambocciona d’Occidente. Ma non solo: la succitata specificità, secondo Flavia Perina, consiste nel «lavoro di cura nei confronti dei mariti, dei genitori anziani, della famiglia allargata ai parenti prossimi e acquisiti», «un valore aggiunto di portata incalcolabile», «una cultura femminile radicata nel nostro Paese». Ecco perché negli Usa le donne vengono coadiuvate dai loro uomini in tutto e per tutto: poverette, non hanno la specificità delle nostre, il loro «valore aggiunto». Ecco perché da quelle parti i ruoli sono davvero intercambiabili, e il peso della famiglia viene equamente ripartito tra i coniugi: poveretti, non sanno che le donne, per assistenza e cure e altre pie attività, sono molto più adatte, pardon specifiche. Dev’essere per questo che il suffragio universale negli Usa è stato sancito nel 1918 e da noi solo nel 1946: noi siamo più avanti, più rispettosi delle specificità, alieni a questo «automatismo europeista». Le nostre donne non sono europee. Non ancora.
(Il Giornale)
Matteo 23 per il 25
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Matteo 23
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