lunedì 13 ottobre 2008

Il bene di Dio

di Roberta de Monticelli
"Perché mai se Dio non c’è tutto dovrebbe essere permesso? Affermarlo è affermare che se Dio non c’è, nessuna cosa ha valore, positivo o negativo: non ci sono cose preziose e fragili che dobbiamo proteggere, non ci sono azioni orrende o anche solo gesti volgari che dobbiamo evitare, e così via. Ma come si può affermare una cosa del genere? Solo a patto che l’esistenza dei valori dipenda da quella di Dio. Ma questo è vero solo se è vero che il bene è tale perché Dio lo vuole, e non invece che Dio (se c’è) vuole il bene perché è bene. Infatti, solo dalla prima segue che se Dio non c’è non c’è niente che sia bene o male in sé. Dalla seconda non segue affatto. Dio vuole il bene perché è bene – se c’è. E se non c’è, il bene di un’infanzia felice resta tale, il male di un’infanzia straziata pure.[..] Il bene non è tale perché voluto da Dio, ma Dio vuole il bene perché è bene."
(Micromega)

Un ulteriore passettino logico-filosofico porterebbe facilmente a dire che se Dio vuole il bene perché è Bene allora vuol dire che perfino Dio soggiace alle leggi morali che, perciò, vengono prima di Lui.
Per cui non si capisce che farsene di un intermediario tra noi e il Bene... chiamato Dio.
L'esistenza di Dio è quindi un ipotesi superflua.


E poi a dimostrazione che inevitabilmente la Teologia uccide la Logica:
"E poi il dolciastro della melassa solidaristica, a condire il rifiuto di onorare la solitudine della coscienza personale, e la confusa dialettica della relazione a offuscare la negazione della responsabilità ultima che ciascuno porta di se stesso. Ecco un esempio. Ero rimasta esterrefatta, in occasione del caso Welby, di leggere o udire sulla bocca dei politici frasi di questo genere: “la legge deve garantire la libertà di scegliere la vita, e non di scegliere la morte” . Ma come si fa a “scegliere” la vita, se la morte non è un’opzione? E’ un uso del verbo “scegliere” che lo svuota di senso. Ma poi ho dovuto constatare che perfino da parte di filosofi, sia pure cattolici – intendo dire di persone per le quali la logica dovrebbe essere ancora più che per tutti noi l’etica del pensiero – venissero uscite di questo genere: “La persona …non è libera di disporre di sé e degli altri, ma è libera di prendersi cura di sé e degli altri, in nome di quel Dio che abita dentro la coscienza…”. E’ un esempio recentissimo, da una lettera sull’”Avvenire”, direttamente rivoltami (Paola Ricci Sindoni, 5/10/08). Ma come si fa a essere liberi di prendersi cura di sé e degli altri, se il non farlo non è un’opzione? E chi ha detto che chiedere per sé o per altri una morte dignitosa non sia “prendersi cura”, ma sia “disporre della vita”, propria o altrui? E come è possibile dare per ovvio che “disporre di sé” sia identico a “disporre per altri”, quando appunto questo era il punto in questione? Un controsenso logico e due assunzioni infondate in una sola frase: in una lettera dove si dice di avermi ascoltata. Quando appunto le questioni che avevo posto (e da anni) sononascoste e uccise sotto quelle tre fallacie."
(Micromega)

In pratica, per i dotti filosofi cattolici contemporanei, si può scegliere ma a patto di non avere alternative possibili.

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