martedì 4 marzo 2008

Quo Vaduz


Marco Travaglio

Fuori la lista, fuori i nomi! Un coro (quasi) unanime si leva dai palazzi della politica, dove l’autostima è talmente bassa e la coda di paglia è talmente lunga da dare per scontato che la lista dei 150 evasori italiani nel Liechtenstein sia piena di politici. Naturalmente questo improvviso afflato di trasparenza e pulizia (Tweed Berty invoca addirittura il “pubblico ludibrio”) durerà finché la lista resterà segreta. Quando sarà pubblica, esattamente come accadde nel 1981 con quella dei piduisti tenuta in cassaforte per mesi da Forlani, sarà tutto un fiorire di distinguo, alibi, bizantinismi e arrampicate sugli specchi per dire che insomma, non si possono gettare in pasto al popolino tanti benemeriti del made in Italy, che in fondo Liechtenstein o Italia pari sono, che c’è anche un’evasione di necessità, che dalle troppe tasse bisogna pur difendersi, che si fa un uso politico-elettorale del fisco, che c’è un complotto a orologeria del Liechtenstein con la Merkel.

L’evasione è come la corruzione: è una brutta bestia solo finché non salta fuori il nome del primo evasore, dopodiché c’è sempre una scusa buona per tutti. Negli intervalli tra un governo Berlusconi e l’altro, quando non si fanno condoni e l’evasione viene combattuta anziché premiata, nomi di evasori ne saltan sempre fuori. Nella legislatura dell’Ulivo beccarono Tomba e Pavarotti. In quella dall’Unione han beccato Valentino Rossi, Cipollini, Del Vecchio, la Muti. E’ successo qualcosa? Gli evasori hanno subìto una sanzione sociale? Assolutamente no, tutto il contrario. Valentino Rossi non ha perduto nemmeno uno sponsor, anzi ha dedicato uno spot alle sue disavventure col fisco, riuscendo persino a lucrarci sopra. Berlusconi, titolare di aziende che corrompevano la Guardia di finanza per coprire le loro magagne anche fiscali, è sotto processo a Milano per i fondi neri di Mediaset, cioè per un presunto giro di acquisti fittizi di film dalle major americane che servivano a gonfiare i costi, a drogare le perdite e a pagare meno tasse, addirittura mentre Mediaset veniva quotata in Borsa: infatti i reati vanno dalla frode fiscale all’appropriazione indebita al falso in bilancio.

C’è bisogno di una lista?
Il suo braccio destro Cesare Previti dichiarò in tribunale che i miliardi che Fininvest gli versava in Svizzera non erano tangenti per comprare sentenze, ma parcelle in nero “per paura del fisco”. C’è bisogno di una lista? Il suo braccio sinistro Marcello Dell’Utri si metteva in tasca gli assegni con i fondi neri di Publitalia per pagare, ovviamente in nero, i lavori di ristrutturazione della sua villa e patteggiò in Cassazione 2 anni e 3 mesi per frode fiscale e false fatture: fu subito premiato con un seggio sicuro nel 1996, nel 2001 e nel 2006. C’è bisogno di una lista? Nel 1998 Alfredo Biondi ha patteggiato 2 mesi di reclusione (convertiti in multa) perché per quattro anni, anche quand’era ministro della Giustizia, “avendo effettuato prestazioni in qualità di avvocato, annotava i relativi corrispettivi nelle scritture contabili obbligatorie ai fini delle imposte sui redditi e dell’Iva in misura diversa da quella reale”. Mai che sbagliasse per eccesso: nel 1991 “dimenticava” 329 milioni, oltre 123 nel ’92, 262 nel ’93 e 207 nel 1994. Naturalmente è ancora in Parlamento anche lui. Ieri il Corriere ricordava le strane “fondazioni” in Svizzera dell’ex ministro della Salute, Girolamo Sirchia. E, quanto a Vaduz, la fondazione “Arano” di Craxi e la Julian Stiftung di Gianni Agnelli che vi gestiva il pacchetto di maggioranza dell’accomandita Ifi-Fiat. Indagando sulle scalate del 2005 alla Bnl, all’Antonveneta e alla Rc, le Procure di Milano e Roma hanno scoperto quasi 1 miliardo di euro nascosti nei paradisi fiscali dai furbetti del quartierino Ricucci, Fiorani, Coppola, Consorte, Sacchetti, per non parlare della stangata che il fisco ha rifilato a Gnutti: tutta gente che godeva della fiducia, anche telefonica, dello sgovernatore Fazio e dei vertici di FI, Lega e Ds. Il gip Forleo ha già sequestrato centinaia di quei milioni che saranno usati per finanziare la giustizia e per costruire nuovi asili, dunque verrà presto punita dal Csm perché, notoriamente, è pazza.

Visto che evadere il fisco fa curriculum per la carriera politica e finanziaria, è inutile perder tempo in discussioni.
Facciamo così: trasformiamo la lista del Liechtenstein in una bella lista elettorale, chiamiamola “Tasse no grazie” o “No fisco”, come simbolo una mazzetta nera e un colletto bianco. Capace che faccia pure il quorum. Naturalmente corre da sola. Anzi, scappa.

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