domenica 2 marzo 2008

L'Elefantino in fuga

Paolo Flores d’Arcais per “l’Unità”



Giuliano Ferrara va ripetendo in tutte le salse e in tutti i luoghi che sull’aborto «i progressisti non accettano il confronto».
La mendace affermazione campeggia ormai da giorni in apertura del sito del Foglio. Eppure è vero esattamente il contrario.

È Giuliano Ferrara che si sottrae al confronto, proprio con quelle posizioni che giudica di estremismo libertario, posizioni che rivendicano l’autonomia della donna nella decisione sulla propria gravidanza (autos-nomos: darsi da sé la legge, ciò che Giuliano sulla questione aborto considera un abominio) e che dunque, a suo dire, non avrebbero argomenti razionali ma solo pregiudizi e furori ideologici.

Questi argomenti, invece, dettagliati sotto ogni profilo, clinico-scientifico, giuridico, etico, umano-esistenziale, costituiscono il cuore del numero speciale di MicroMega dedicato a «Il Papa oscurantista: contro le donne, contro la scienza» in edicola da oggi. Invitiamo perciò qui pubblicamente Giuliano Ferrara (o se preferisce, visto i toni bellicosi della sua crociata, «lo sfidiamo») ad accettarlo davvero quel confronto razionale, per argomenti, che invece paventa e il cui timore, secondo il ben noto meccanismo psicoanalitico della proiezione, attribuisce all’opinione avversa.
Lo invitiamo (o sfidiamo) a un confronto pubblico in un teatro o in una tv, quando e dove vorrà, secondo regole che assicurino perfetta simmetria ai contendenti nella possibilità di proporre razionalità di argomenti, e non il prevalere prevaricatorio della sonorità delle corde vocali (come accade in troppi talk show).


Siamo certi che Giuliano Ferrara non accetterà. Ma - poiché vogliamo restare tetragoni nel nostro pregiudizio che anche le posizioni più aberranti siano in buonafede - preferiamo dire che siamo quasi certi che non accetterà. Vogliamo sperare di sbagliarci, insomma, e che Giuliano non si vorrà sottrarre a un confronto dove non basterà urlare dogmi (l’embrione è una persona umana fin dal momento del concepimento) che fanno a pugni con ogni nozione scientifica, giuridica, etica, esistenziale: umana, insomma. E che, se fossero veri, porterebbero alla inevitabile e mostruosa conclusione che l’aborto, sulla base delle cifre che lo stesso Ferrara sbraita in continuazione, è perfino più grave dell’Olocausto, e che dunque chiunque partecipi di un aborto, anche al primo giorno di gravidanza, donna o chirurgo o infermiere, moralmente parlando è come le SS o i Kapò che gettavano bambini ebrei nei forni crematori.

Ferrara va infatti sproloquiando che lui non accusa le donne che abortiscono di essere delle assassine e non vuole abrogare la 194 e reintrodurre sanzioni penali. Ma rifiuta poi il confronto (e attribuisce la paura di una pubblica controversia ai sostenitori della libertà della donna) proprio perché sa che in un dialogo, argomento contro argomento, la smaccata contraddizione della sua crociata diventerebbe evidente coram populo.
Se l’embrione e il feto sono esseri umani a tutti gli effetti, la loro soppressione è omicidio eccome, e donne e medici sono assassini eccome, e anzi si tratta di omicidio premeditato, e poiché le cifre di Ferrara hanno il milione per unità di misura, si tratta proprio di Olocausto, e dunque la depenalizzazione introdotta dalla 194 è un crimine, perché Olocausto è crimine da tribunale di Norimberga, è crimine contro l’umanità, imprescrittibile, altro che depenalizzabile.

Insomma, Giuliano Ferrara lancia il sasso, anzi il macigno, ma poi nasconde la mano. Descrive l’aborto come un genocidio ma poi giura di non voler criminalizzare le donne. Gioca a fare il De Maistre in versione catodica post-moderna. Se pensa di avere anche argomenti, e non solo incontenibili pulsioni di furore reazionario, aspettiamo che ci dica dove e quando. Chi ha davvero argomenti non ha paura di un confronto pubblico «ad armi pari».

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