martedì 30 dicembre 2008

Scheletri nell'armadio

di Marco Travaglio
Ernesto Galli della Loggia è sgomento. Non per la corruzione che riemerge da tutte le parti, ma per il pericolo che torni Mani Pulite. Cioè che l’Italia ripiombi nella stagione felice in cui la legge era uguale per tutti: “Politica, stampa e opinione pubblica devono promettere che non sarà come all'epoca di Mani Pulite”. “La tentazione di ripetere quel copione fa continuamente capolino”, ma guai a “ripetere gli errori commessi allora”.
In effetti allora c’era uno sfegatato giustizialista che, sulla Stampa e sul Corriere, scriveva cose del tipo: “Sciogliere le Camere per mettere i partiti con le spalle al muro della volontà popolare” (17-6-92). “Tutti hanno rubato”, c’è una ”propensione all’illegalità finanziaria del sistema politico” e di “settori importanti dell’imprenditoria privata” (9-5-92). “E’ inverosimile che le segreterie romane non sapessero nulla e non ricevessero parte del prelievo tangentizio (il non voler sapere è un modo di sapere)… I partiti sono combriccole di malandrini” (17-6-92). “Le risultanze delle inchieste delineano una situazione sostanzialmente vera, su cui è possibile esprimere giudizi” senza “aspettare che i fatti vengano accertati da una sentenza”, a prescindere dal “principio della presunzione d’innocenza” (19-6-92). “E’ già molto se, dopo gli estenuanti e annosi riti giudiziari, gli indulti, le amnistie, i patteggiamenti, e gli arresti domiciliari, alla fine si riesce a mandare in galera qualcuno per un lasso di tempo non proprio ridicolo” (19-6-93). “E’ tempo che il capitalismo italiano torni sotto l’imperio della legge” (13-8-93).
Il suo nome, guarda un po’, era Ernesto Galli della Loggia.

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