domenica 21 dicembre 2008

Elogio di Fini

Aspettando Veltroni...

di Riccardo Barenghi

C’è un leader di sinistra nel centrodestra e si chiama Gianfranco Fini. Può apparire un paradosso ma non lo è se diamo al concetto di sinistra un senso più ampio di quello storicamente determinato. Non è di sinistra, Fini, se pensiamo a Carlo Marx e a tutte le evoluzioni e le applicazioni che il suo pensiero ha avuto nel corso del secolo scorso. Non lo è se pensiamo al modello di produzione, al superamento del capitalismo (che lui non ha alcuna intenzione di superare). Non lo è se ragioniamo sulla rivoluzione proletaria e lo scontro di classe. E non lo è, né potrebbe esserlo, per altre mille ragioni.

Ma lo è invece quando discutiamo di alcune delle questioni che sono oggi all’ordine del giorno del nostro dibattito: politico, storico e culturale. Valori e idee che servono (o servirebbero) a modernizzare il nostro Paese. Quando il Presidente della Camera sottolinea le responsabilità del Vaticano nel non essersi opposto adeguatamente alle leggi razziali, varate dal regime che fu idealmente suo, fa un doppio strappo: con la sua storia e con l’ideologia del suo schieramento per cui guai a chi tocca la Chiesa cattolica (la quale non a caso si è inviperita). Quando propone e ripropone il voto agli immigrati, l’ultima volta ieri per gli studenti stranieri, fa un altro doppio strappo: con la sua cultura d’origine e con quella dominante (soprattutto a destra ma non solo) che giudica queste persone come un utile usa-e-getta. E quando interviene sul caso di Eluana Englaro, auspicando una legge sul testamento biologico, compie un terzo doppio strappo: con i dirigenti e gli elettori del suo ex Partito (non tutti, si spera) e con quelli della maggioranza e del governo (anche qui non tutti), insomma con il senso o luogo comune che governa il centrodestra. E, ovviamente, scontentando di nuovo il Vaticano.

Altri esempi si potrebbero aggiungere, come il suo intervento sulla riforma della giustizia che deve essere bipartisan, quello sul caso Villari che deve essere risolto con le buone o con le cattive, quello sulla questione morale che attanaglia il Pd: «Sbaglia chi pensa di salvarsi mentre altri naufragano». Sono gesti importanti anche questi ma in fondo riconducibili al suo ruolo istituzionale. Gli altri invece danno l’idea di un personaggio che nel corso degli anni ha seriamente riflettuto sul suo passato, prendendone vieppiù le distanze. Con qualche uscita politico-mediatica che ha fatto notizia, il fascismo male assoluto, le visite al Museo della Shoah di Gerusalemme e ad Auschwitz, ma soprattutto dando l’impressione di un uomo che si preoccupa dei problemi futuri cercando di affrontarli liberandosi dal peso della sua storia, della cultura, dell’ideologia, dei valori, insomma di tutto quello che rappresenta la formazione di un uomo politico. Con laicità insomma, nel metodo e nel merito.

Certo, uno può chiedersi quanta buona fede ci sia in questa sua evoluzione, se lo faccia perché ci crede sul serio o solo per ritagliarsi un ruolo politico, oggi nel dialogo con l’opposizione e domani quando si porrà il problema di sostituire Berlusconi. Si può anche ricordare che spesso e volentieri, quando poi il premier lo ha richiamato all’ordine, Fini si è adeguato. Ma in politica le cose marciano e cambiano anche attraverso stop and go. Un passo indietro per farne due avanti: non lo disse proprio Lenin?

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