martedì 26 agosto 2008

Oro Nero

di Sandra Riccio
Chi ha speculato sul rincaro del petrolio? Contro gli uomini d'oro della finanza selvaggia, quelli che ogni giorno guadagnano fiumi di soldi scommettendo sul prezzo del barile di carta, stanno arrivando le prime prove. In cima alla lista degli indiziati è finita Vitol, una società svizzera poco conosciuta ma molto potente. Dalla sua sede sul lago di Ginevra controlla una buona fetta del mercato del petrolio. Per questo le operazioni che ha fatto in Borsa negli ultimi mesi sono state messe al setaccio della Commodity Futures Trading Commission (Cftc), l'organismo americano che vigila sui contratti di futures sull'oro nero.
Cosa è emerso dalle indagini? Lo scorso 11 luglio, vale a dire nel giorno in cui il greggio ha raggiunto il livello record di 147 dollari, Vitol controllava da sola ben l'11% di tutto il petrolio scambiato sulla Borsa di New York. Vuol dire che la società aveva investito enormi capitali sull'oro nero con il rischio di perdite immense nel caso di un ribasso del prezzo.

La cosa ha fatto nascere qualche sospetto. Possibile che si possa andare in contro a una simile esposizione con tanta disinvoltura? Non era però la prima volta. Poche settimane prima, il 6 giugno, la società aveva scommesso sul rialzo del prezzo del greggio, comprando in un giorno 57,7 milioni di barili di carta. E' una cifra che fa girare la testa perché corrisponde a tre volte il fabbisogno quotidiano di petrolio di un Paese come l'America. E da capogiro è stato anche l'incasso di Vitol perché quel giorno le quotazioni del petrolio hanno fatto un salto all'insù di 11 dollari.
Il caso è stato sollevato dal quotidiano americano "Washington Post" che per primo ha preso in mano i rapporti della commissione americana che indaga sulle recenti speculazioni. Il giornale ha fatto però quello che la commissione fino a quel momento non aveva voluto fare, vale a dire mettere nero su bianco i nomi di chi avrebbe guadagnato dietro le quinte del caro-greggio.

La svizzera Vitol, naturalmente, ha subito negato di essere tra gli speculatori che guadagnano con gli ordini di acquisto e vendita dei futures. Certo è che una buona fetta del commercio internazionale di petrolio è proprio nelle sue mani. Stando a quanto ha dichiarato al quotidiano Usa, ogni giorno gestisce scambi per un totale di quattro milioni di barili. Negli ultimi anni il giro d'affari di Vitol è letteralmente esploso, anche per effetto del rincaro del greggio: nel 2002 il fatturato aveva raggiunto i 34 miliardi di dollari, nel 2007 è salito al livello di 146,7 miliardi.La commissione americana ha fatto anche un'altra scoperta. I dati sulle operazioni in Borsa indicano che il mercato dei prodotti finanziari sul petrolio è in mano a pochi operatori. La società ginevrina spartisce il business con altre due concorrenti di un certo livello. Dai bilanci emerge che Vitol ha sorpassato la più nota Glencore che nel 2007 aveva dichiarato un giro d'affari di 142 miliardi di dollari. A quanto ammontino gli utili di questa società non è dato sapere. Stando a quanto riferiscono gli operatori del settore si tratterebbe di 6 miliardi di dollari l'anno.

Al terzo posto si piazza invece la Gunvor-Gruppe, società con sede a Ginevra fondata dallo svedese Torbjorn Tornqvist insieme al russo Gennady Timchenko. La casa vende soprattutto il petrolio estratto in Russia e da sola arriva a totalizzare un fatturato annuo di 70 miliardi di dollari.
Un business enorme gestito da pochissimi dipendenti. Vitol, per esempio, impiega appena 100 persone nella sua sede di Ginevra. Gli stipendi sono proporzionati all'enormità del business. Gli addetti ai lavori dicono che i trader che vendono e comprano petrolio in media guadagnano intorno ai 600 mila ero l'anno. E alcuni di loro hanno anche investito i propri soldi nell'azienda stessa: Vitol è proprietà dei suoi dipendenti che quindi ogni anno partecipano a utili da favola.
(La Stampa)

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