Il Giornale 24 luglio 2007
Marco Travaglio
Caro direttore,
il narcisismo che mi rimprovera Giancarlo Perna ha raggiunto vette inarrivabili ieri, quando ho scoperto di essere così importante da meritare un posto nella galleria dei suoi «tipi sinistri». Ora, visto che leggo e adoro Perna da quand'ero ragazzo, cammino a qualche centimetro da terra. Naturalmente non mi riconosco nel suo ritratto, ma se lui mi vede così è giusto che mi descriva così.
Non voglio annoiare i lettori puntualizzando tutte le sue molte imprecisioni nell'articolo (le sentenze della magistratura sono una cosa, le ispezioni ministeriali tutt'altra; lo scambio di persona tra Carlo e Pierferdinando Casini non è stato corretto nel libro Mani Pulite perché non ci sono state nuove edizioni, ma a ottobre, quando uscirà quelle nuova, sarà rettificato; la mia rubrica sull'Unità si chiamava «Bananas» finché c'era Berlusconi, ma da un anno si chiama «Uliwood Party» in onore del centrosinistra; non ho mai tampinato Arpino perché mi presentasse Montanelli, cosa che non avrei nemmeno osato sperare prima che me la proponesse lui; non mi sono mai «schierato col Cavaliere» negli anni 80; non è vero che, da corrispondente del Giornale da Torino, mi occupavo «soprattutto di sport»; e così via). Ma consentimi di chiarire un paio di punti che attengono alla correttezza e alla coerenza.
Né io né Peter Gomez abbiamo mai rifiutato le «voci dissenzienti» nei dibattiti, anzi ci divertiamo un mondo quando troviamo qualcuno disposto a confrontarsi con noi. Al dibattito a Cortina di quattro anni fa, prima che fossimo banditi dalle manifestazioni culturali cortinesi, erano stati invitati originariamente i pm Caselli e Davigo. Poi cambiò l'organizzazione e quella nuova decise di invitare anche Cirino Pomicino, De Michelis e Filippo Facci. Davigo, avendo denunciato Facci e fatto condannare per tangenti Pomicino e De Michelis, ritenne che da parte sua sarebbe stato scorretto disciplinarmente discutere con suoi imputati e con una sua controparte processuale, e si sfilò. Visto che era stato invitato prima lui, chiedemmo agli organizzatori di trovare qualcun altro, a loro scelta, che non fosse in quelle condizioni, dando carta bianca su qualunque nome (per esempio, gli avvocati di Berlusconi e di Andreotti, e molti altri). Ma non si trovò nessuno che potesse intervenire. De Michelis, Pomicino e Facci lo sanno bene, tant'è che sia Gomez sia il sottoscritto abbiamo dibattuto spesso con loro.
L'altra questione riguarda le mie presunte «giravolte» da cattolico anticomunista a «tipo sinistro». Qui c'è un equivoco: io resto anticomunista (anche se la questione è molto meno attuale, essendo il comunismo crollato 18 anni fa) e continuo ad apprezzare la messa in latino: proprio una settimana fa, su «A», ho scritto che il Papa ha fatto benissimo a consentirla a chi ne fa richiesta. Quanto ai «buonismi e perdonismi sinistrorsi», mi piacciono a tal punto che ho scritto cose terribili - sull'Unità, su MicroMega e ovunque ospitino i miei articoli - contro l'indulto. Mi ritengo un uomo fortunato: ho sempre avuto direttori molto diversi tra loro, ma tutti - da Montanelli a Colombo e Padellaro, da Rinaldi a Mauro, da Flores alla Latella, da Catania a Vimercati - mi hanno lasciato libero di scrivere quello che penso.
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