giovedì 5 marzo 2009

PiGi


di Marco Travaglio
Il vicedirettore del Corriere, Pierluigi Battista, se la prende con Federazione della stampa e Ordine dei giornalisti (dimenticando prudenzialmente la Federazione editori) che osano contestare la legge-bavaglio: quella che vieta di raccontare le indagini in corso, “anche se non sussiste più il segreto”. A lui il bavaglio piace da matti (anche se non ne ha bisogno), in nome del “diritto alla riservatezza” e “a non vedere distrutta la reputazione”: forse ignora che il primo diritto è già tutelato dalla legge sulla privacy del ‘96 e il secondo dal Codice penale, che fin da Zanardelli punisce la diffamazione. “Avete una pallida idea - si legge nello psichedelico articolo - di come sia rigidamente applicato il diritto alla riservatezza in Gran Bretagna?”. Sì, l’abbiamo. I tabloid inglesi pubblicarono financo le telefonate (“vorrei essere il tuo tampax”) del principe Carlo con Camilla, registrate illegalmente da un maggiordomo. E nel 2008 il governo Brown ha comunicato che nel Paese s’intercettano 1000 nuove persone al giorno, a opera di ben 653 organismi: non solo servizi e polizia, ma pure uffici finanziari e fiscali, direttori di carceri, comuni, poste, servizio ambulanze e pompieri. In Italia si fanno (e si pubblicano) solo quelle disposte dai giudici. Poi c’è lo spionaggio illegale. Come quello su migliaia di persone a opera di Giuliano Tavaroli, capo della security Telecom di Tronchetti Provera, azionista del Corriere. Tra gli spiati c’era un vicedirettore del Corriere, Massimo Mucchetti. L’altro vicedirettore, invece, ha difeso Tronchetti Provera: indovinate chi è.

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