martedì 15 aprile 2008

Il mare nero


Nel 2012 una direttiva comunitaria europea impone di abbassare di un certo numero di miliardi di tonnellate l'anidride carbonica (CO2) che le fabbriche di un paese emettono ogni anno. Supponiamo che una fabbrica non riesca a rispettare la direttiva. Per ogni tonnellata in più rispetto alla quota assegnata si dovranno pagare 100 euro di multa, oppure comprare l'equivalente di quel tot di crediti-CO2 da aziende rimaste sotto quota. In altri termini, se la mia fabbrica produce più anidride carbonica di quanto dovrebbe, per evitare di pagare la multa, io posso comprare dei crediti-inquinamento da aziende che sono rimaste sotto la quota prevista. Posso anche rivolgermi a un'impresa la cui attività consiste proprio nel sequestrare la CO2 presente nell'atmosfera con metodi certificati e nel vendere i crediti-carbonio a un prezzo conveniente.

Questa è ovviamente una ipotesi al vaglio degli euroburocrati. Ma c'è già chi ci vede un buon affare.

Ci sono delle società sparse nel mondo che stanno sperimentando e anche già provando un nuovo metodo per la cattura della CO2 presente nell'atmosfera. Consiste nel seminare nwll'oceano limaglie ferrose. L'ossido di ferro è un potente fertilizzante per il plancton e per le micro alghe marine che sono, insieme, i principali artefici della fotosintesi clorofilliana e quindi i principali responsabili della trasformazione della CO2 in ossigeno.

L'idea nasce per caso. Nel 1991 l'eruzione del vulcano Pinatubo versò in mare 40 mila tonnellate di scorie ferrose. John Martin, il teorico di questa tecnica di concimazione degli oceani, morì la'nno dopo l'eruzione e non potè approfittare dell'evento naturale per sapere che in realtà, come aveva teorizzato, il plancton era cresciuto e nell'atmosfera la CO2 era diminuita.

Nel 1993 i suoi colleghi seminarono limaglia in mezzo all'arcipelago delle Galapagos e fiorirono le alghe. Da allora, una dozzina di esperimenti in deserti marini caldi e freddi ha prodotto fioriture simili, chiazze enormi di alghe, visibili nelle foto satellitari. I ricercatori calcolano che per sequestrare 3 miliardi di tonnellate di CO2, quasi metà delle emissioni annue del pianeta,(il resto sarebbe fissato dalla vegetazione terrestre) occorrono al massimo 4 milioni di tonnellate di limaglia ferrosa, cioè una quindicina di supercargo e 20 miliardi di euro all'anno, con un costo per tonnellata di CO2 di 66 centesimi. Se una impresa deve pagare 100 euro di multa per ogni tonnellata emessa in più rispetto a i piani allora preferirà comprare la stessa tonnellata da una azienda che la sequestri nell'atmosfera: il margine di profitto per le aziende spazzine di CO2 è enorme.

Tutto risolto allora? Non proprio. Un pool di scienziati ha pubblicato un articolo su Science analizzando i danni collaterali della concimazione ferrosa degli oceani. C'è infatti un limite alla quantità di CO2 che gli oceani possono assorbire prima di diventare acidi al punto da sciogliere lo scheletro delle diatomee e uccidere le alghe e i plancton. Inoltre, se il plancton fecondato col ferro non sprofonda subito dopo la fine del ciclo vitale, sottrae ossigeno ai pesci sottostanti che muoiono. Le fioriture si alghe producono tossine letali per molto organismi, nonché biossido di azoto e metano, due gas serra più rari ma molto più potenti della CO2.

Quindi lo scenario è inquietante. Un nuovo affare per imprese emergenti che potrebbe, se non controllato, produrre danni irreparabili alla vita negli oceani ed aggravare addirittura la situazione dell'effetto serra, sebbene con minori quantità di CO2 nell'atmosfera.

Ma si sa, la legge del profitto è sovrana.

0 commenti: