Lo scontro fra i valori della laicità voluti e imposti da Ataturk e la rinascente anima islamica della Turchia diventa da oggi istituzionale. La magistratura, che di questi valori laici è, insieme ai militari custode talvolta spietato, ha scelto, attraverso la Corte Costituzionale, di dare il via libera al processo contro l’Akp, il partito islamico moderato del premier Recep Tayip Erdogan (foto) e del presidente Abudllah Gul.
Gli undici giudici della Corte hanno accolto all’unanimità il ricorso presentato dal procuratore generale della Cassazione, Abdurrahman Yalcinkaya, che ha chiesto di sciogliere «per attività contrarie alla natura secolare dello Stato» l’Akp (Partito della Giustizia e dello Sviluppo). Secondo il procuratore il partito governativo è diventato «un covo di attività che vanno contro la laicità dello stato». Non solo. L’alto magistrato vuole che i supremi magistrati mettano al bando per cinque anni 71 esponenti dell’Akp, tra cui lo stesso Erdogan e Gul, destituendoli dalle rispettive cariche.
Il procedimento, che è stato definito dal partito un «tentativo di golpe giudiziario», dovrebbe durare circa sei mesi. L’Akp ha ora un mese di tempo per presentare la prima memoria difensiva alla Corte Costituzionale che dal 1960 ha messo al bando 20 partiti.
All’origine del ricorso che si presenta dirompente per gli effetti che può avere sia in politica interna sia sulla scena internazionale, c'è anche la contestata legge che a gennaio abolì il divieto di indossare il velo nelle università. Legge fortemente voluta dall’Akp, che alle legislative dello scorso luglio ottenne il 46,6% dei voti. Il partito, nato nel 2001 da un’ala moderata del Partito
del Benessere, ha pubblicamente abiurato le sue radici estremiste e dichiarato di fare propri i principi secolari della Turchia moderna, ma sono in in molti, a partire dalle forze armate, a dubitare che l’Akp abbia un agenda cripto-islamica con l’obiettivo di introdurre progressivamente elementi della sharia, la legge islamica basata sul Corano, in Turchia.
Per ora l’Akp ha deciso di rispondere all’iniziativa giudiziariacon un emendamento costituzionale che rende più difficile la messa la bando dei partiti politici ma la questione ha risvolti e implicazioni che riguardano l'Unione europea, a cui la Turchia guarda da tempo.
Sabato scorso il commissario Ue all’Allargamento, Olli Rehn, aveva diffidato i giudici turchi dall’accogliere il ricorso che, aveva detto, è contrario «agli interessi di lungo termine della Turchia». In effetti questa causa appare come una nuova pietra d'inciampo alla richiesta di adesione all’Ue presentata da Ankara.
L’annuncio della decisione della Corte è arrivato a sorpresa poche ore prima del verdetto del Bie sull’assegnazione dell’Expo2015, che vede Smirne in gara contro Milano. Nei giorni scorsi era stato ipotizzato un rinvio del giudizio proprio nel nome della candidatura di Smirne. Ipotesi smentita oggi nei fatti.
(La Stampa)
0 commenti:
Posta un commento