di Riccardo Barenghi
Si può anche far finta di credere che il presidente Berlusconi non sia andato a Pechino per dimostrare così, con la sua assenza eloquente, l’indignazione dell’Italia contro il regime cinese e le sue infinite violazioni dei diritti umani, le libertà individuali e collettive calpestate, la repressione di qualsiasi forma di dissenso, la pena di morte usata con la facilità di chi uccide una mosca.
Se fossimo bambini al di sotto degli otto anni, forse - forse – ci avremmo pure creduto. Purtroppo però è stato lo stesso premier a fugarci qualsiasi dubbio. Primo perché non ha mai detto una parola che potesse alimentare questo dubbio.
E secondo perché ci ha candidamente spiegato che «mi è stato sconsigliato di andare visto che lì ci sono 50 gradi...».
Comunque a rappresentare il nostro Paese è già sul posto il ministro degli Esteri Franco Frattini. Il quale non si è spinto oltre qualche timida dichiarazione in favore dei diritti umani, spiegando però a destra e a manca che lo sport con la politica non c’entra: «I nostri atleti sono qui per vincere, oggi siamo qui per giocare». Neanche le richieste di una parte della maggioranza - la ministra Giorgia Meloni e il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri – affinché dai nostri atleti arrivasse un gesto di dissenso, sono riuscite a smuovere il nostro, anzi il loro governo. D’altra parte non era molto sensato scaricare sugli sportivi all’ultimo momento l’onere di rappresentare la politica: se si voleva mandare un segnale era proprio la politica che doveva mandarlo. Tre mesi di governo sono pochi per cambiare il Paese, ma sono pure troppi per dire pubblicamente che in Cina qualcosa, anzi molte cose non vanno bene (neanche Tremonti ha detto niente, eppure lui con la Cina ha un conto aperto...).
Ma il tempo perso poteva ancora essere recuperato in questi ultimi giorni per far sentire la propria voce nell’occasione più importante che la Cina offre al mondo, un palcoscenico sportivo che però non è, né può essere, immune dalla politica. Non a caso, quello che per Berlusconi è un amico fedele, un faro da seguire ovunque (anche in guerra), ossia il presidente George Bush, è sbarcato in Cina chiedendo al regime di Pechino di liberare i dissidenti. La dichiarazione ha colpito nel segno, la risposta polemica è arrivata in tempo reale: «Non interferite negli affari nostri». Stesso discorso vale per il presidente francese Nicolas Sarkozy, anche lui come Bush e Berlusconi uomo di centro-destra, che ha inviato al regime cinese una lista di detenuti politici ingiustamente reclusi.
Noi invece niente, ci mancherebbe che ci mettessimo a disturbare il grande circo olimpico con inutili e sterili polemiche. Lo sport unisce, la politica divide, e oggi è lo sport che deve trionfare. Figuriamoci se possiamo rischiare di «sporcare» le prestazioni dei nostri atleti con polemiche fuori luogo. D’altra parte così accadde anche nel 1976, quando la nostra squadra di tennis giocò la finale di Coppa Davis in Cile nonostante il golpe di Pinochet fosse ancora fresco delle sue stragi e malgrado in Italia in moltissimi (e non solo a sinistra) invocassero il boicottaggio.
Ci sarà tempo, ha spiegato Frattini, per far sentir la nostra voce sui diritti umani. Sarà come dice lui, ma per come si sono comportati negli ultimi decenni i governi italiani, di destra o di sinistra che fossero, c’è da dubitarne parecchio. Ci ricordiamo male o solo pochi mesi fa l’allora premier Romano Prodi non ricevette il Dalai Lama in visita in Italia? E questo nonostante i fiumi di parole versati nei mesi e negli anni precedenti contro le ingiustizie e le violenze subite dal popolo tibetano per mano del regime cinese. Solo che disturbare quel regime con un incontro non gradito o con una dichiarazione ostile a Pechino era ed è rischioso. Per la nostra diplomazia e, soprattutto, per gli affari che il sistema Italia conduce da anni con quell’enorme Paese (non a caso lo stesso Prodi, accompagnato dai ministri D’Alema e Di Pietro, portò a Pechino nel settembre 2006 un’enorme delegazione di imprenditori e banchieri). Un Paese che ormai contende agli Stati uniti la supremazia economica mondiale, e chissà che non sia anche questa la ragione dell’uscita di Bush, visto che il capo degli Usa non si è mai rivelato molto sensibile ai diritti umani, nel suo Paese (vedi Guantanamo) e all’estero (vedi l’Iraq).
Però Bush ha parlato, un gesto l’ha fatto, un gesto di un notevole peso politico e mediatico. E proprio su un tema così caro a Berlusconi che il Cavaliere ci ha costruito sopra la sua immagine e le sue vittorie politiche: la libertà.
(La Stampa)
venerdì 8 agosto 2008
Berlustruzzo
giovedì 7 agosto 2008
Giochiamo a Badminton?
Un Catalogo enciclopedico di tutte le discipline olimpiche.
Molto carino.
Checchè
Onore al merito
ROMA - Un crollo verticale del 37,1 per cento. Di malati e di relative assenze nell'unico settore del pubblico impiego. Diventiamo un paese più sano. E anche più efficiente. E' il risultato del monitoraggio ordinato dal ministro per la Funzione Pubblica Renato Brunetta, "il miglior antidoto contro i fannulloni" come lo ha ribattezzato ieri il sottosegretario Gianni Letta, per misurare l'effetto reale del primo mese di vita del decreto anti-assenze. "Risultati sorprendenti" roteava ieri gli occhi il ministro pregustando il dato diventato ufficiale oggi che fotografa le presenze negli uffici nel luglio 2008 rispetto al luglio 2007. Dati che secondo il dicastero si traducono in 25 mila persone in più al lavoro e, quindi, "più servizi e maggiore qualità delle prestazioni".
(La Repubblica)
Violenza privata
di Andrea Marcenaro
Quando il bimbetto, che adesso ha cinque anni, sarà cresciuto. Quando verrà a sapere che in un afoso giorno d’agosto del 2008, mentre si trovava al centro estivo “Pierina Boranga” di Padova, gli venne l’idea di chiudersi a chiave in una stanza con degli altri bimbetti come lui, e la maestra allora si preoccupò, e disse loro di aprire la porta, e loro non aprivano, e rimanevano chiusi dentro, e la maestra fuori a ripetere: “Aprite!”, e loro niente, e quella a supplicare, e loro niente, e aprirono dopo un bel po’, e la maestra, a quel punto, mollò uno sculaccione al primo che capitava. Che era lui. Quando il bimbetto, ormai cresciuto, verrà a sapere che la mamma ha radunato immediatamente le altre mamme, e nonne, e parentele, le quali tutte insieme andarono a denunciare la maestra ai carabinieri per violenza privata, facendola licenziare, ebbene, noi che siamo inguaribili ottimisti, siamo certi che il giovanotto convocherà la mamma e le sussurrerà, affettuoso: “Ma vaffanculo!”.
mercoledì 6 agosto 2008
Anticiclico a chi?
Un chiarissimo articolo di Boeri sulla Finanziaria 2008
LA CRISI E LTALIA
Sono tempi difficili. L'inflazione non accenna a diminuire. L’economia più forte del mondo, quella degli Stati Uniti, è stata colpita da tre shock simultanei – il nuovo shock petrolifero, il crollo della Borsa e lo scoppio della bolla immobiliare – e una recessione oltreoceano appare a questo punto inevitabile. Sarà così stagflazione 30 anni dopo. L'Europa si trova in una posizione leggermente migliore degli Stati Uniti perché l'apprezzamento dell'Euro rispetto alla divisa statunitense (grazie Euro!) mitiga gli effetti del caro petrolio. Tuttavia l'Italia è molto più vulnerabile degli altri paesi del Vecchio Continente perché proviene da 15 anni di stagnazione in cui il reddito pro-capite è sceso sotto non solo la media dell’Unione europea a 15, ma anche dell’UE19, che include Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. I salari reali degli italiani in questo periodo sono rimasti piatti come le lande dei Paesi Bassi e sono ora del 30-40 per cento inferiori a quelli pagati in Francia e Germania. E il nostro paese continua a non avere un paracadute, una rete di protezione sociale di base che tuteli chi perde il posto di lavoro e cade in condizioni di povertà estrema.
COSA DOVREBBE FARE IL GOVERNO
In queste condizioni il compito primario di chi ha in mano le leve della politica economica dovrebbe essere quello di attivare tutti gli strumenti a sua disposizione utili per evitare una recessione. Date le dimensioni del nostro debito pubblico, non c'è molto spazio per politiche fiscali anticicliche. Tuttavia, grazie all’opera di contrasto all’evasione condotta nella passata legislatura, le entrate fiscali sono molto cresciute negli ultimi tre anni. Inoltre, la forte inflazione fa arrivare all’erario i proventi di una tassa, il cosiddetto fiscal drag, che i cittadini pagano quando il loro reddito reale non cambia, ma addirittura diminuisce, mentre il loro reddito nominale, gonfiato dall’inflazione, fa scattare una aliquota più alta. Con un'inflazione al 4 per cento, questa tassa da inflazione potrebbe ammontare a non meno di 4 miliardi di Euro.
La cosa più giusta da fare in questo momento sarebbe quella di utilizzare tutti questi proventi straordinari per abbassare la pressione fiscale sul lavoro. Questo avrebbe effetti espansivi sia sulla domanda – che è addirittura diminuita in termini reali nell’ultimo anno – che sull’offerta. Infatti i salari netti aumenterebbero e parte della riduzione delle tasse porterebbe a una riduzione del costo del lavoro man mano che i contratti vengono rinnovati (il che favorirebbe anche una conclusione più rapida delle molte vertenze in corso), favorendo così l'assorbimento del nostro immenso bacino di persone in età lavorativa che non hanno un impiego. Un modo per fare tutto questo senza complicare ulteriormente la nostra struttura fiscale consiste nell'aumentare le detrazioni fiscali per chi lavora, il che è legittimato anche dall'aumento dei costi per la produzione di reddito (dato il caro trasporti).
COSA FA INVECE IL GOVERNO
Ma invece di fare tutto questo, il Parlamento ha appena approvato una manovra triennale che non concede alcuno spazio a riduzioni della pressione fiscale. Come previsto dal DPEF (Documento di Programmazione Economica e Finanziaria 2009-2013) la pressione fiscale addirittura aumenterà dal 43 al 43.2 per cento. Oltre a tradire gli elettori – cui era stata promessa una riduzione della pressione fiscale al di sotto della soglia del 40 per cento – questo scenario di politica economica sembra non concederci alcuna speranza di evitare una recessione. Il passaggio parlamentare ha peraltro solo peggiorato i piani iniziali dell'esecutivo, addirittura aggiungendo una norma, quella sui precari, che adotta al mercato del lavoro il metodo seguito dal nostro Primo Ministro nel risolvere i suoi problemi personali con la giustizia: si interviene sui processi in corso.Invece di rassicurare gli italiani che hanno cominciato a risparmiare anche sui consumi di pane e pasta, il nostro Ministro dell'Economia sembra non voler perdere occasione per lanciare messaggi allarmistici alla televisione e sui giornali. Secondo Giulio Tremonti, siamo alla vigilia di una nuova Grande Depressione come quella del 1929. Singolare che ci sia solo questo messaggio di paura. Manca nei messaggi e, soprattutto, nelle scelte dell'esecutivo la speranza. Così la recessione rischia di diventare una profezia che si autoalimenta. Ma non diamone la colpa alla Cina. Le responsabilità sarebbero molto più vicine a noi.
I militari nei cantieri
Tanto per dare le giuste proporzioni.
Le vittime delle «morti bianche» in Italia sono quasi il doppio degli assassinati. I decessi sulle strade sono otto volte più degli omicidi. E' quello che emerge da un rapporto del Censis. Eppure, secondo il Centro Studi Investimenti Sociali, «gran parte dell'attenzione pubblica si concentra sulla dimensione della sicurezza rispetto ai fenomeni di criminalità». E invece è ormai da anni che gli omicidi continuano a diminuare: 1.042 casi nel 1995 a 818 nel 2000 a 663 nel 2006.
(IlSole24Ore)
martedì 5 agosto 2008
Segnali allarmanti
di Giuseppe Turani
E’ tradizione, quando gli italiani partono per le vacanze, chiedersi come sarà l’autunno, che cosa troveranno cioè al loro rientro. Oggi, però, conviene fare una piccola deviazione e domandarsi invece che cosa potrà essere l’autunno americano. Anche perché da come sarà dipenderà molto del nostro. E qui ci sono le sorprese, e le preoccupazioni.
In apparenza, tutto sembrerebbe andare per il meglio. Nell’ultimo trimestre dell’anno scorso gli Stati Uniti sono andati indietro dello 0,2 per cento. Un brutto segnale. Ma poi si sono subito ripresi e nel primo trimestre di quest’anno la loro crescita è stata dello 0,9 per cento. Ancora meglio sono andate le cose nel secondo trimestre (quello che si è chiuso a giugno): la crescita è stata di quasi il 2 per cento (1,9, per la precisione).
Un osservatore un po’ distratto potrebbe concludere che ormai l’economia americana ha superato le sue difficoltà e che ha imboccato la strada della ripresa: da qui in avanti le cose non possono che andare meglio. Invece non è così. Il rischio che le cose peggiorino (e di parecchio) è reale.
Per accorgersene, basta guardare i dati. La crescita del secondo trimestre è di fatto tutta frutto delle esportazioni che sono cresciute (dato annualizzato) di oltre il 9 per cento rispetto al trimestre precedente. Gli investimenti sono crollati e i consumi si sono mossi di pochissimo. Da lontano sembra quasi di leggere dei dati italiani: tira l’export, ma ristagna la domanda interna.
Dentro i numeri relativi al secondo trimestre c’è però una specie di sirena d’allarme, che si è messa a suonare fragorosamente: le imprese hanno liquidato (e con una certa larghezza) le loro scorte di magazzino. Questo potrebbe essere frutto di un errore: gli imprenditori americani hanno pensato di essere dentro la recessione e hanno fatto fuori le merci che avevano già prodotto, prima che il mercato le rifiutasse. Ma, in realtà, i consumi hanno tenuto abbastanza e c’è stata crescita. Allora, non c’è stato errore, ma c’è stata una previsione (un po’ sinistra): gli imprenditori americani pensano che le cose andranno sempre peggio e vogliono arrivare dentro la crisi con poche merci in magazzino, leggeri.
Si sbagliano? Probabilmente no. Visto che più di un centro di ricerca prevede un quarto trimestre (ottobre-dicembre) decisamente negativo (cioè con crescita sotto lo zero). Inoltre, non può essere sottovalutato il fatto che ormai da sette mesi il “sistema America” perde regolarmente occupati (al ritmo di 60-70 mila unità al mese). E’ evidente che, se diminuisce il numero delle buste paga, non possono aumentare i consumi interni.
Inoltre, non è affatto finita la crisi del credito. Anzi, molti sono convinti che il peggio deve arrivare. A settembre ci sarà la grande asta pubblica delle case “sub-prime” sequestrate (cioè quelle per cui non sono state pagate le rate). Le banche, che ne sono entrate in possesso forzosamente, pur di liberarsene, le svenderanno, come è tradizione. C’è quindi il pericolo che i prezzi degli immobili subiscano un altro duro colpo. Ma, in questo caso, diventeranno indifendibili non solo i prestiti sub-prime, ma anche molti “prime”, cioè regolari. Con il rischio di nuove difficoltà per le banche e per il credito.
Ma ci sono altri segnali allarmanti. La General Motors (per anni azienda numero uno al mondo) ha chiuso i conti del secondo trimestre con una perdita di 15 miliardi di dollari. Sembra che dentro queste perdite ci siano anche molte rate delle auto non pagate: chi non riesce più a pagare il, mutuo della casa, evidentemente non paga nemmeno quello dell’auto. Insomma, forse sta arrivando una crisi “auto-prime”.
Ma c’è, se possibile, ancora di peggio. La grande banca d’affari Merrill Lynch (da cui uffici una volta passavano due su tre delle azioni scambiate nel mondo) ha venduto 30 miliardi (di dollari) di obbligazioni al 20 per cento del loro valore facciale (e ha finanziato il compratore). Si è accorta, insomma, di avere in casa della cartaccia (dei crediti molto dubbi, poco esigibili) e li ha svenduti pur di ripulire il proprio bilancio. Poiché non c’erano compratori, ne ha inventato uno e gli ha prestato i soldi necessari. Ha pagato uno perché gli portasse fuori l’immondizia. Avete presente quelli che si chiamano per sgombrare cantine e solai dalla roba vecchia? La stessa cosa.
Dentro le banche, sembra di capire, non c’è solo la faccenda dei prestiti “sub-prime”. Probabilmente ci sono anche altri casi di prestiti fatti con troppa facilità a soggetti che si stanno rivelando incapaci di far fronte ai loro impegni.
Se le cose stanno così, nessuno è più in grado di dire quando finirà la crisi del credito (che sta frenando l’economia mondiale). Anche perché trattare un’obbligazione di una banca, a questo punto, può essere una cosa più rischiosa dell’andare a farsi una giocata a Las Vegas.
Insomma, l’autunno americano non sarà una tranquilla passeggiata lungo viali leggiadri rallegrati dai colori delle foglie che cadono. Sarà, se questi segnali sono corretti, una specie di inferno.
Batman è Repubblicano
Non sono completamente d'accordo con Rocca e a dire la verità nemmeno Batman (sono uscito dalla sala appagato ma perplesso),
ma l'articolo qui sotto fa riflettere.
di Christian Rocca
L’Hollywood liberal e di sinistra, scottata dai clamorosi flop delle produzioni engagé sull’Iraq, si sta prendendo la rivincita di pubblico e di critica con uno straordinario film che fa soldi, diverte e ricorda agli americani e al resto del mondo che George W. Bush in realtà ha ragione a combattere, anche per conto di chi oggi lo contesta vivamente, la guerra al terrorismo post 11 settembre. Il film è l’ultimo Batman, ovvero il Cavaliere Oscuro, campione d’incassi di qua e di là dell’Atlantico. La sceneggiatura sembra scritta da Dick Cheney, più che dai fratelli Christopher e Jonathan Nolan.
Sì, è vero: tutti i film con supereroi raccontano la battaglia tra il bene e il male e il rapporto tra il grande potere e l’enorme responsabilità che ne consegue. Però qui Batman è proprio spiccicato a Bush, come scrivono sia gli entusiasti conservatori del Wall Street Journal sia gli inorriditi radical del Washington Independent. Sentite che cosa dice il valletto e fidato consigliere Alfred Pennyworth – una specie di Cheney di Batman – al supereroe sconsolato perché non si capacita della lucida follia del capo terrorista Joker: “C’è gente che pensa che sia divertente. Alcuni uomini non sono mossi da motivazioni logiche, come per esempio i soldi. Certi uomini non possono essere comprati, intimiditi, portati alla ragione. Non ci si può negoziare. Alcuni uomini vogliono soltanto vedere il mondo bruciare”. Joker, insomma, è Osama bin Laden o Ahmadinejad. Batman-Bush invece è il supereroe costretto a compromettere i suoi e i nostri valori per salvare Gotham e il mondo da un pericolo ben più grave. Batman a un certo punto usa un sofisticato sistema segreto di intercettazioni universali per individuare la postazione di Joker, una versione cinematografica del programma di sorveglianza delle agenzie di intelligence di Bush. Batman non lo fa per ascoltare le conversazioni private dei cittadini di Gotham, ma il suo illegale sistema di controllo dei telefoni di tutta la città resta una violazione della privacy che fa rabbrividire uno dei suoi principali collaboratori, il quale sembra uscito da un editoriale del New York Times per come prova ad argomentare la sua opposizione. Batman arriva anche a torturare Joker per strappargli informazioni vitali, così come nella realtà è capitato agli agenti della Cia con i capi di al Qaida. Non è bello e non è giusto, ma il film sottolinea che talvolta è necessario. Batman è divorato dal suo dilemma: non vorrebbe mai abusare del suo potere per salvare la città, ma ogni volta che rifiuta di violare il suo codice morale e si trattiene, come quando sceglie di non uccidere Joker, il cattivo ne approfitta e la situazione peggiora. Quando Batman è preso dai dubbi, il valletto-consigliere gli dice: “Resista, signore. La odieranno per questo, ma la ragione di Batman è proprio questa: può fare la scelta che nessun altro può fare, quella giusta”. Gradimento e sondaggi, per così dire, non sono buoni per Batman, più o meno quanto quelli reali per Bush. La gente di Gotham, così come l’opinione pubblica mondiale, pensa che se l’eroe non avesse scatenato la sua crociata a favore del bene, Joker o Bin Laden non avrebbero fatto saltare in aria ospedali e treni, ucciso decine di innocenti e terrorizzato il mondo civile. Batman si prende la colpa e ne paga le conseguenze. Gli eroi servono a questo. Il film si chiude col suo amico poliziotto che, amaramente, dice: “Lui è l’eroe che Gotham si merita, ma non quello di cui ha bisogno in questo momento. Gli daremo la caccia, perché saprà sopportarlo”. Sipario, applausi. Specie da parte di Bush.
Parole inaudite
“Sono fiero di appartenere a uno Stato in cui un premier può essere investigato come un semplice cittadino. Un premier non può essere al di sopra della legge, ma nemmeno al di sotto. Se devo scegliere fra me, la consapevolezza di essere innocente, e il fatto che restando al mio posto possa mettere in grave imbarazzo il Paese che amo e che ho l’onore di rappresentare, non ho dubbi: mi faccio da parte perché anche il primo ministro dev’essere giudicato come gli altri. Dimostrerò che le accuse di corruzione sono infondate da cittadino qualunque. Errori ne ho commessi e me ne pento. Per la carica che occupo ero consapevole di poter finire al centro di attacchi feroci. Ma nel mio caso si è passata la misura”
(Silvio Berl... no, scusate... Ehud Olmert Primo Ministro Israeliano)
lunedì 4 agosto 2008
Dio è schizofrenico
Dio crea la respirazione, la cessazione della medesima, il respiratore. Dio crea l'alimentazione, l'impossibilità ad alimentarsi, la fleboclisi. Dio crea il dolore e crea gli antidolorifici, ma niente terapie del dolore: chissà mai un malato terminale si portasse in paradiso una dipendenza da oppiacei: ad ogni buon conto la dipendenza e l'oppio sono fuori dal creato. Per lo meno in Italia, per via del Raggio Energetico Vaticano.
Dio crea la riproduzione, la sterilità e la provetta, ma è scritto: "tu non coltiverai ovuli in eccedenza come fossero viole del pensiero, ma li limiterai nel numero di tre".
Si tratta del libero arbitrio, che è sì una creatura di Dio ma però va proibito, perchè anche la proibizione del libero arbitrio è - a tutti gli effetti - una creatura di Dio.
Dio crea la legge, il libero arbitrio, e la proibizione ad applicarlo. Dunque la proibizione ad applicare il libero arbitrio, il dolore, i respiratori e le fleboclisi fanno parte del creato mentre gli ovuli in eccedenza e gli oppiacei sono distorsioni tecnologiche frutto del senso d'onnipotenza dell'uomo, che vuole esercitare il libero arbitrio il quale però deve essere a lui inibito, in nome del Dio che l'ha prima concesso ma poi vietato, sicuramente per quel che concerne gli oppiacei e altre cose, come per esempio il preservativo. Perché Dio crea l'AIDS, ma però anche la castità. Non bisogna mai dimenticarlo: dimenticarsi della castità è una cosa che da un punto di vista delle categorie sta insieme agli ovuli in eccedenza e agli oppiacei: tecniche create dalla presunzione umana.
Divertentissimo (ma serissimo) pezzo trovato qui.
Scenari Inquietanti
[..]
Negli Stati Uniti la crisi del credito nata con i prestiti sub-prime non è affatto finita e c’è chi sostiene che il peggio arriverà in autunno, soprattutto se il prezzo delle case scenderà ancora. In quel caso rischiano di doversi dichiarare insolventi non solo quelli dei prestiti sub-prime (i clienti più scadenti), ma anche molti clienti per bene, cioè con tutte le carte in regola. E questo perché si troverebbe a dover pagare un mutuo elevato per un’abitazione che intanto varrebbe molto meno. Meglio, a quel punto, dichiararsi insolventi e sparire. E allora la tempesta del credito potrebbe trasformarsi in un uragano devastante.
[..]
Il resto dell'articolo qui.
La Bicamerale
di Marco Travaglio
Questo è un elogio sperticato a Silvio Berlusconi. Una dichiarazione, se non d’amore, di ammirazione totale, sincera e incondizionata al politico più trasparente che l’Italia abbia mai avuto. Più trasparente e più frainteso. Lui fa di tutto per mostrarsi per quello che è. E quelli che gli stanno intorno fanno a gara a scambiarlo per un altro. Così l’altroieri, stufo dei continui equivoci che lo gabellano ora per uno statista, ora per un riformatore, ora per un cultore del dialogo sulla giustizia e sulla legge elettorale, ora per un marito modello e un padre esemplare, ha voluto smentirli tutti insieme mostrando ai fotografi l’agenda di una sua giornata-tipo a Palazzo Chigi (quella di mercoledì 30 luglio). Una sorta di auto-intercettazione in diretta: non potendo più esser processato grazie all’auto-immunità, ha pensato bene di auto-intercettarsi, divulgando il calendario della dura vita da premier (“Vedete come mi fanno lavorare!?”). “Berlusconi - diceva Montanelli - non delude mai: quanto ti aspetti che faccia una scempiaggine, la fa”. Ma sempre oltrepassando le peggiori aspettative. Non si riesce mai a pensarne abbastanza male: lui riesce sempre a trasformare il più accanito detrattore in un ingenuo minimalista.
L’Agenda del Presidente è doppia, nel solco della tradizione di Milano2, della P2, di Olbia2 e prossimamente di Arcore2. L’Agenda 1, curata dal suo staff, è riconoscibile da due caratteristiche: è scritta al computer e contiene appuntamenti con soggetti di esclusivo sesso maschile, in genere molto noiosi (Schifani, Letta, Fini, Scajola). Nell’Agenda 2 invece, annotata di Suo pugno, gran preponderanza del genere femminile. Pochissimi i maschi, perlopiù avvocati (Ghedini) o pregiudicati (Bossi e Previti). Col vecchio Cesarone, che si ripropone sempre come la peperonata, l’appuntamento è alle ore 16. Seguono un paio d’ore di assoluto relax con “Manna”, nel senso di Evelina, la grande attrice oggetto di frenetiche trattative con Saccà; e poi con “Troise”, nel senso di Antonella, la nota artista anch’essa raccomandata a Raifiction perché stava “diventando pericolosa” (s’era messa a parlare). Così ritemprato dal doppio incontro al vertice, il premier ha potuto affrontare alle 19 un altro summit: con Nunzia Di Girolamo, la procace neodeputata di 32 anni, già destinataria di pizzini amorosi in pieno emiciclo. Completa la giornata dell’insigne latrin lover, alle 20.30, una tipa dal nome più che promettente: Selvaggia. Manca la Carfagna, ma è anche vero che la settimana è fatta di sette giorni e questo è solo il programma del mercoledì. Segue il giovedì (gnocca).
Chi aveva pensato di agevolargli il Lodo Alfano perché “un primo ministro non ha tempo per governare e seguire i processi”, è servito: ora che è libero dai processi, egli si dedica come prima e più di prima al suo passatempo preferito. Che non è proprio quello di governare. Così la stampa della servitù, tipo “Chi” e “Il Giornale”, la pianterà finalmente di screditarlo con quelle umilianti foto della Sacra Famiglia piccolo-borghese, lui mano nella mano con Veronica e tutto il cucuzzaro riunito intorno al focolare. Marito esemplare un par di palle, lui riceve anche quattro ragazze al giorno, alla facciazza dei bacchettoni che gli ronzano intorno. Ce n’è anche per la cosiddetta opposizione che astutamente ha smesso da un pezzo di ricordargli il conflitto d’interessi perché pare brutto demonizzare. Ad essa è dedicato un paio di appuntamenti: quello col produttore di Endemol Marco Bassetti e quello con il consigliere Rai Marco Staderini (Udc), incerto fino all’altroieri sul caso Saccà. Come a dire: lo vedete o no che continuo a occuparmi delle mie tv, Mediaset e soprattutto Rai, coglioni che non siete altro? Devo proprio insegnarvelo io come si fa l’opposizione?
Completa il papello una noticina autografa a pie’ di pagina: “Il Presidente N°1. Al Presidente con più vittorie/più vittorioso nella storia del calcio. Milan A.C. Campione del Mondo. N°1 nella storia del calcio”. Se l’è scritto da solo: un caso di auto-training vagamente inquietante, almeno dal punto di vista psichiatrico. In compenso, nemmeno un cenno ai temi che tanto appassionano il resto, cioè la parte inutile, del mondo politico e della stampa al seguito: dialogo sulle riforme, modello alla tedesca corretto all’austro-ungarica, bicameralismo imperfetto, federalismo fiscale, simposii e seminari delle fondazioni, patti della spigola sulla “fase costituente”. Lui non ha tempo per simili menate. “Ore 16, Previti”. Poi “Manna-Troise”. La sua Bicamerale. La sua fase ricostituente.
domenica 3 agosto 2008
Strano ma vero
Israele ha delle strane usanze.
Il capo del governo Olmert, accusato di corruzione, si è dimesso.
Vai a capire questi ebrei...
NON IN ITALIA. NON OGGI.
di Furio Colombo
La frase del giorno (da destra): "Denunciamo e respingiamo l’esproprio da parte della magistratura della funzione legislativa propria del Parlamento".
L’altra frase del giorno (da sinistra): "Un fermo no a qualsiasi forma di eutanasia. Vogliamo Eluana viva."
Bisogna sapere che circa 500 membri della Camera dei Deputati della Repubblica Italiana il giorno 31 luglio, ultima ora di una giornata carica di impegni arretrati come in uno di quegli uffici cari a Brunetta (sono stati approvati e trasformati in legge trattati firmati nel 1999, nel 2002, nel 2005 con paesi che avevano approvato quel trattato il mese dopo e che avranno già dimenticato di avere un impegno con l’Italia), hanno pensato bene di dedicare un’oretta frivola, fatta di dichiarazioni senza senso e di finte declamazioni su diritto alla vita, alla questione Eluana Englaro.
Quale questione? La Corte di Cassazione ha sentenziato che il padre di Eluana può chiedere ai medici di interrompere il sostegno forzato a una irreversibile stato vegetativo che dura da sedici anni. Come respingere una sentenza di civiltà? C’è un percorso. Folle, ma c’è.
S’intende che si sono ascoltate macabre arringhe del Popolo della Libertà (pronunciate a Montecitorio da ex avvocati di seconda fila e non da clinici al capezzale) secondo cui, dopo quasi due decenni, la destra prevede e si aspetta il risveglio. Ma l’espediente è il seguente: è vero che Camera e Senato, la sua destra, e i suoi crudeli credenti di destra e sinistra, non hanno mai legiferato, e che anzi, una maggioranza trasversale di deputati e senatori Vaticani, ha impedito tutto in materia di fine della vita, compreso il Testamento Biologico, attraverso la trovata di bollare tutto come "eutanasia".
Ma questo Parlamento non solo esige il blocco di ogni legge. Esige anche il blocco di ogni sentenza. Ovvero io non faccio la legge. E tu - Giudice - devi dire: "Che peccato, io l’avrei una decisione da prendere per una simile tragedia che inchioda il padre per sedici anni al capezzale della figlia spenta per sempre. Ma non posso farne una sentenza perché loro (deputati e senatori) non hanno voluto farne una legge. E io, senza legge, non parlo".
In questo modo il blocco dura per sempre. E il Santo Padre è servito. Solo quello che dice Lui è legge. Per gli altri basta astenersi e tacere. E per chi cade nella tragedia di Eluana e del padre di Eluana, fatti loro. Ci mancherebbe che deputati e giudici debbano farsi carico dei dolori del mondo. E così una danza macabra ha avuto luogo a metà giornata nell’Aula della Camera dei Deputati, il 31 luglio.
Invano qualche laico e qualche giurista hanno tentato di riportare il Parlamento a un comportamento più decoroso. La vergogna infatti sta nell’idea di un Parlamento - Camera e Senato - che denuncia un giudice e la sua sentenza alla Corte Costituzionale con l’espediente: niente legge (non la faremo mai), niente sentenza (benché il giudice abbia avuto il coraggio di farla ispirandosi ai fondamenti del diritto della Costituzione e della civiltà democratica).
La vergogna sta nella conclusione. Dopo il Senato anche la maggioranza della Camera ha votato la denuncia di una sentenza civile e coraggiosa di un giudice che ha scelto di dire "Qui qualcuno deve decidere. Basta gioco sul dolore".
Ma la vergogna continua quando si apprende che anche la Procura Generale ha impugnato la sentenza, bloccandone l’esecuzione (il Parlamento non poteva) facendo proprie, alla lettera, le ragioni vaticane della Chiesa e del Parlamento, stessi concetti, stesse parole.
La lezione è tremenda.
Dice in modo perentorio "ERGA OMNES":
NON ILLUDETEVI.
NON C’E UNA CIVILE VIA D’USCITA.
NON IN ITALIA.
NON OGGI.