venerdì 29 agosto 2008

Le gonadi degli italiani

Prodi revenge


«Vista la grande enfasi e, nello stesso tempo, l’inconsistenza dei fatti a me attribuiti da "Panorama" non vorrei che l’artificiale creazione di questo caso politico alimentasse il tentativo o la tentazione di dare vita, nel tempo più breve possibile ad una legge sulle intercettazioni telefoniche che possa sottrarre alla magistratura uno strumento che in molti casi si è dimostrato indispensabile per portare in luce azioni o accadimenti utili allo svolgimento delle funzioni che le sono proprie.Da parte mia non ho alcuna contrarietà al fatto che tutte le mie telefonate siano rese pubbliche»
(Romano Prodi)





Tutto il PD vada a lezione di opposizione da Prodi!

Carta canta

di Marco Travaglio

"Il centrosinistra non ha fatto nulla, in questa città servono misure di emergenza, altrimenti rischia di esplodere. Non bisognava aspettare fatti così gravi"
(Gianni Alemanno, deputato di An, dopo l'omicidio a Roma di Giovanna Reggiani a Tor di Quinto, novembre 2007).

"Chiedo a Veltroni e a Rutelli di spiegare perché la stazione di Tor di Quinto è stata lasciata in queste condizioni. Solo dopo la tragedia si cerca di correre ai ripari"
(Gianfranco Fini, presidente di An, dopo l'omicidio Reggiani, novembre 2007)


"Non sarebbe successo nulla se la coppia avesse pernottato in un camping autorizzato. Ogni persona dovrebbe essere prudente, non esponendosi a rischi evidenti. Come sindaco di Roma, ho la coscienza a posto"
(Gianni Alemanno, sindaco di Roma, dopo l'aggressione di due turisti olandesi e lo stupro ai danni della donna, 25 agosto 2008)
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La Rana Crocefissa


Sapete la storiella della vecchina che chiama i carabinieri perchè vede un uomo nudo dalla finestra?
I carabinieri vanno a casa della dolce vecchina ma non vedono nulla dalla finestra, e lei: "Certo, da qui no, ma se sale sull'armadio e si protende in bilico sul bordo e guarda bene fra le frasche della siepe della casa di fronte.... lo vedrà anche lei!"

La vicenda della rana crocefissa è un pò simile... per vederla bisogna andare in un museo pagare un biglietto salire al terzo piano e andarsela a cercare nella saletta defilata in cui è stata esposta. Però il Papa la vede e ne è rimasto turbato e quindi per non turbare lui nessuno la deve poter vedere. Solita storia, solita ingerenza, solito clericalismo.

Speriamo che il museo tenga duro.

ps.
La rana crocefissa a me non piace.
Ma ho visto schifezze maggiori passate per arte moderna.
Anzi, meglio, ho visto molta arte moderna che per me era solo schifezza.

Medioevo prossimo venturo

Per tutti quelli che hanno dei dubbi sulla strada (a ritroso) che stiamo precorrendo.

Se avete un problema medico rivolgetevi senza remore alla Madonna della Moreneta, quei ciarlatani dei dottori possono pure darsi all'ippica.

giovedì 28 agosto 2008

Riassumendo

“Non so se dico una cosa vecchia o nuova, ma tutto questo si può riassumere così: Dio, patria e famiglia”
(Giulio Tremonti)


Manca solo l'olio di ricino.

ALI(Forza)ITALIA

Voci dall'opposizione:

"Ora tenteranno di venderla come la salvatrice di Alitalia, ma la cordata "bipartisan" avrà un rischio pari a zero. Il gioco è tutto qui: gli imprenditori prendono il ramo sano (parte della flotta, i voli, un tot di personale), mentre tutto il resto - debiti pregressi e personale eccedente - è a carico dei contribuenti. Più avanti gli [imprenditori] "italiani" faranno anche un accordo con una grossa compagnia straniera. Per loro meglio di così non potrebbe andare..."
(Bruno Tabacci)

"Il Presidente del Consiglio li ha pregati, loro non rischiano nulla, perché dovrebbero dire di no? Gli imprenditori, magari con simpatie politiche diverse, così si ingraziano il capo del governo e questo gli tornerà utile. Ma presto si capirà: anche stavolta siamo all'eterna storia italiana, privatizzazione degli utili e pubblicizzazione dei debiti".
(Enrico Morando)

"Chapeau per gli imprenditori che ci mettono i soldi, ma i debiti li pagano gli italiani"
(Massimo Calearo)

Speculatori

[..]
Il fatto che il petrolio sia una risorsa esauribile è fondamentale perché implica che per qualsiasi proprietario di un giacimento (ad esempio Bp o il re dell'Arabia Saudita) la scelta è sempre e solo inter-temporale: estrarre oggi o estrarre domani. Che cosa determinerà la scelta? Se estrae oggi, riceve il prezzo di oggi (meno il costo di estrazione). Se estrae domani, ottiene il prezzo di domani (di nuovo, meno costi di estrazione), scontato per l’odierno tasso di interesse
È chiaro che produrre più petrolio oggi sarà conveniente solo se quello che si può guadagnare domani è inferiore a quello che si avrebbe producendo oggi e investendo il ricavo sul mercato dei capitali. In altre parole, vale la legge di Hotelling: il proprietario ha interesse a produrre oggi soltanto se il prezzo di domani è inferiore al prezzo di oggi (maggiorato degli interessi).
In questo senso, sono “speculatori” tutti i proprietari di giacimenti di petrolio: le compagnie petrolifere, Putin e anche il re dell'Arabia Saudita. Tutti quanti basano le loro scelte sul rapporto tra prezzo odierno e prezzo futuro.
Ma il futuro, ovviamente, non è mai certo.
[..]
(La Voce.info )

Facciamoci del male

Che bravi gli imprenditori italiani. Un coraggio da leoni, prendersi l'Alitalia scaricando tutti i rischi sui contribuenti (40 euro per ogni italiano).
Che brava la Marcegaglia che si offre volontaria con sprezzo del periglio. Peccato che lei dovrebbe rappresentare gli interessi di TUTTI gli imprenditori e non i suoi personali. La dizione "Conflitto di interesse" ormai è desueta.

ps.
Un ultima cosa, tanto per dare addosso anche ai sindacati: se il mio datore di lavoro decide di lasciarmi a casa lo Stato mi trova un posto "alle Poste" come a tutti gli esuberi Alitalia?

mercoledì 27 agosto 2008

Vieni a ballare in Puglia

Io sottoscritto...

A proposito dei vigili di Termoli che picchiavano l'ambulante.
Il comando dei vigili ha diramato questa dichiarazione autografa dell'ambulante:


“Io sottoscritto Abdul Zainal… dichiaro quanto segue: non sono stato né strattonato né malmenato dagli agenti di polizia municipale e gli stessi non mi hanno messo di forza nel portabagagli dell´auto di servizio, anzi sono stato accompagnato negli uffici seduto sul sedile posteriore. Non ho subito alcuna pressione o minaccia nel rendere questa dichiarazione e fin da adesso dichiaro di non adire le vie legali e tanto meno chiedere eventuali risarcimenti”

Ecco. Ora si che siamo tranquilli.
Una dichiarazione "veramente" spontanea.

Guerra (solo) Fredda?

In Georgia le cose non stanno andando per niente bene.

ps.
Qualcuno ha capito chi sono i buoni?

E inoltre, domanda cinica:
Ci conviene parteggiare con chi ha torto o con chi ha ragione?

Il peggio peggiore

di Marco Travaglio

Lo schema ormai è un classico. Al Tappone minaccia di impalare i magistrati. L'Anm insorge, il Pdl la accusa di essere al servizio della sinistra, il Pd invita Al Tappone a non compromettere il dialogo sulle riforme «ma anche» i magistrati a non arroccarsi su posizioni corporative. Poi arriva il Ghedini o l'Angelino Jolie di turno e dice che no, impalarli forse è troppo: si potrebbe garrotarli, come gesto di buona volontà. A quel punto saltano su i pontieri del Pd che elogiano le «aperture» dei «moderati» Ghedini o Angelino in vista di un sereno confronto sulla Giustizia.
È accaduto per il Lodo Alfano: Berlusconi blocca 100 mila processi, poi bontà sua si accontenta di bloccare i suoi e il Pd esulta per la grande «vittoria dell'opposizione». È riaccaduto l'altro giorno: Al Tappone, citando Falcone (che probabilmente gli è apparso in sogno), minaccia di abolire l'obbligatorietà dell'azione penale, separare le carriere e infilare qualche altro politico nel Csm. Poi Ghedini e la Bongiorno si accontentano di separare le carriere e politicizzare vieppiù il Csm. E subito dal Pd si levano voci per la riapertura del dialogo, mentre Latorre se la prende con l'Anm («esagera») e Violante addirittura propone di portare da 1 a 2 terzi i membri laici, cioè politici, del Csm (un terzo nominato dal Parlamento, un altro terzo designato dal capo dello Stato, che potrebbe presto essere Al Tappone: geniale). È l'eterna strategia rinunciataria e gregaria del «meno peggio» che - diceva Sylos Labini - prelude sempre a un peggio peggiore.
[..]

(L'Unità)

Sandra Lonardo


Sandra Lonardo, moglie di Clemente Mastella, presidente del Consiglio regionale della Campania dell’Udeur, ha abusato dei suoi poteri per far nominare “persone di sua fiducia nel campo sanitario” al fine di “rafforzare la presenza dell’Udeur nelle istituzioni pubbliche, perpetuando una politica di occupazione e spartizione clientelare secondo criteri di appartenenza politica e non di competenza tecnica”. “L’abuso e’ consistito nella strumentalizzazione dei suoi poteri di Presidente della Regione Campania: in tale veste ha esercitato in maniera distorta le attribuzioni del suo ufficio piegandone le finalita’ per il perseguimento di interessi particolari, estranei all’interesse pubblico, peraltro violando i principi di imparzialita’ e di buon andamento dell’amministrazione pubblica”. Per tali ragioni Sandra Lonardo non merita alcun risarcimento per ingiusta detenzione.
(Dalle motivazioni della Corte di Cassazione della sentenza n. 33843, 25 agosto 2008)

martedì 26 agosto 2008

Oro Nero

di Sandra Riccio
Chi ha speculato sul rincaro del petrolio? Contro gli uomini d'oro della finanza selvaggia, quelli che ogni giorno guadagnano fiumi di soldi scommettendo sul prezzo del barile di carta, stanno arrivando le prime prove. In cima alla lista degli indiziati è finita Vitol, una società svizzera poco conosciuta ma molto potente. Dalla sua sede sul lago di Ginevra controlla una buona fetta del mercato del petrolio. Per questo le operazioni che ha fatto in Borsa negli ultimi mesi sono state messe al setaccio della Commodity Futures Trading Commission (Cftc), l'organismo americano che vigila sui contratti di futures sull'oro nero.
Cosa è emerso dalle indagini? Lo scorso 11 luglio, vale a dire nel giorno in cui il greggio ha raggiunto il livello record di 147 dollari, Vitol controllava da sola ben l'11% di tutto il petrolio scambiato sulla Borsa di New York. Vuol dire che la società aveva investito enormi capitali sull'oro nero con il rischio di perdite immense nel caso di un ribasso del prezzo.

La cosa ha fatto nascere qualche sospetto. Possibile che si possa andare in contro a una simile esposizione con tanta disinvoltura? Non era però la prima volta. Poche settimane prima, il 6 giugno, la società aveva scommesso sul rialzo del prezzo del greggio, comprando in un giorno 57,7 milioni di barili di carta. E' una cifra che fa girare la testa perché corrisponde a tre volte il fabbisogno quotidiano di petrolio di un Paese come l'America. E da capogiro è stato anche l'incasso di Vitol perché quel giorno le quotazioni del petrolio hanno fatto un salto all'insù di 11 dollari.
Il caso è stato sollevato dal quotidiano americano "Washington Post" che per primo ha preso in mano i rapporti della commissione americana che indaga sulle recenti speculazioni. Il giornale ha fatto però quello che la commissione fino a quel momento non aveva voluto fare, vale a dire mettere nero su bianco i nomi di chi avrebbe guadagnato dietro le quinte del caro-greggio.

La svizzera Vitol, naturalmente, ha subito negato di essere tra gli speculatori che guadagnano con gli ordini di acquisto e vendita dei futures. Certo è che una buona fetta del commercio internazionale di petrolio è proprio nelle sue mani. Stando a quanto ha dichiarato al quotidiano Usa, ogni giorno gestisce scambi per un totale di quattro milioni di barili. Negli ultimi anni il giro d'affari di Vitol è letteralmente esploso, anche per effetto del rincaro del greggio: nel 2002 il fatturato aveva raggiunto i 34 miliardi di dollari, nel 2007 è salito al livello di 146,7 miliardi.La commissione americana ha fatto anche un'altra scoperta. I dati sulle operazioni in Borsa indicano che il mercato dei prodotti finanziari sul petrolio è in mano a pochi operatori. La società ginevrina spartisce il business con altre due concorrenti di un certo livello. Dai bilanci emerge che Vitol ha sorpassato la più nota Glencore che nel 2007 aveva dichiarato un giro d'affari di 142 miliardi di dollari. A quanto ammontino gli utili di questa società non è dato sapere. Stando a quanto riferiscono gli operatori del settore si tratterebbe di 6 miliardi di dollari l'anno.

Al terzo posto si piazza invece la Gunvor-Gruppe, società con sede a Ginevra fondata dallo svedese Torbjorn Tornqvist insieme al russo Gennady Timchenko. La casa vende soprattutto il petrolio estratto in Russia e da sola arriva a totalizzare un fatturato annuo di 70 miliardi di dollari.
Un business enorme gestito da pochissimi dipendenti. Vitol, per esempio, impiega appena 100 persone nella sua sede di Ginevra. Gli stipendi sono proporzionati all'enormità del business. Gli addetti ai lavori dicono che i trader che vendono e comprano petrolio in media guadagnano intorno ai 600 mila ero l'anno. E alcuni di loro hanno anche investito i propri soldi nell'azienda stessa: Vitol è proprietà dei suoi dipendenti che quindi ogni anno partecipano a utili da favola.
(La Stampa)

lunedì 25 agosto 2008

I piani di Berlusconi & Tremonti

di Edmondo Berselli
I primi cento giorni del Caimano, del Cavaliere, dello 'statista', dello stratega di affari geopolitici sono una sfida micidiale al Pd e a tutte le opposizioni. Anzi, un attacco putiniano in pieno assetto di guerra. Peccato non essersene accorti. Come ha detto Giulio Tremonti presentando la manovra: "L'Italia possiede un punto di forza: la stabilità politica; che resterà per cinque, dieci, forse quindici anni".

Se il Pd fosse meno impegnato nelle sue beghe, a creare fondazioni, a demolire Sergio Chiamparino, a proiettare nel cielo dell'estate vaghe astrazioni fra il letterario e lo sciamanico, un lunghissimo brivido scenderebbe nella schiena dei suoi dirigenti, primo fra tutti Walter Veltroni.

Come aveva detto Massimo D'Alema? Rischiamo di diventare una "minoranza strutturale". Infatti, per la prima volta si assiste in Italia al profilarsi di una nuova specie di guerra di classe. Berlusconi e Tremonti hanno in mente il progetto perfetto per diventare eterni.

Per capirlo, bisogna uscire dal coacervo dei singoli provvedimenti: l'abrogazione dell'Ici era un atto dovuto dopo la campagna elettorale, la detassazione (parzialissima) degli straordinari è una misura irrilevante nella quantità, la campagna su immigrazione e sicurezza ha un valore simbolico fortissimo, con l'esercito in strada e le vecchiette che dicono "vi vogliamo bene" ai soldati, ma i suoi contenuti saranno da valutare più avanti.

Ma è il lavoro dietro le linee quello che viene condotto dal governo, e nasce da una concezione darwiniana della politica. Di destra vera e cattiva, senza inibizioni e remore culturali. Il Popolo della libertà vede con chiarezza una perdita di peso del lavoro dipendente e di tutti i ceti riconducibili nel perimetro del reddito fisso, e quindi la possibilità di creare un blocco sociale di maggioranza che possa confermarsi, come ha ripetuto Tremonti, "a tempo indeterminato". Un settore politico che copre la metà della società, 'la società del 50 per cento' (diversamente dalla "società dei due terzi" descritta a suo tempo dal socialdemocratico tedesco Peter Glotz), che
governa agevolmente contro tutti gli altri ceti dispersi e perdenti.

Per ottenere questo scopo, a suo modo 'storico', Berlusconi si è premunito garantendosi l'immunità, con la cinica operazione del provvedimento bloccaprocessi, che è servito a introdurre la 'mediazione' del lodo Alfano: prima si minaccia l'atomica e poi si negozia da posizioni di forza. Un capolavoro di violenza sulle istituzioni.

A questo punto, sereni e tranquilli, si può passare alla Fase 2, la fabbricazione di una maggioranza sociale e politica non aggredibile dalle opposizioni. Con un esemplare ragionamento da economista, Francesco Giavazzi sul 'Corriere della Sera' del 17 agosto ha scritto che Tremonti, che pure ha evocato spesso lo spettro del Ventinove, "rischia di ripetere gli errori di Herbert Hoover, il presidente che, nel tentativo di raggiungere il pareggio di bilancio nel mezzo di una recessione, creò le premesse per la grande depressione".

Tremonti, dice Giavazzi, tiene la pressione fiscale invariata per un triennio, "al livello elevatissimo al quale l'aveva lasciata Prodi". Strano, per gente che aveva sempre puntato sul 'meno tasse per tutti'. Tanto più, aggiunge l'editorialista del 'Corriere', che "come ha spiegato con grande chiarezza Guido Tabellini (.), ciò che servirebbe è un'energica riduzione delle tasse sul lavoro".

Ora, consideriamo che Giavazzi è uno dei più celebri economisti italiani, e che Guido Tabellini è un quasi premio Nobel. Si può immaginare allora che Tremonti sia uno sprovveduto che durante una fase di stagnazione e inflazione approva riduzioni di spesa con effetti, direbbero i suddetti economisti, 'pro-ciclici', cioè con una seria probabilità di aggravare la recessione?

Non è possibile. Una interpretazione più realistica è quella di Pier Luigi Bersani:il governo sta facendo provvista per affrontare i costi inevitabili della struttura federalista. Ma c'è anche un'interpretazione più inquietante. La recessione può essere un fenomeno preoccupante sotto l'aspetto economico, ma funzionale invece al disegno politico del Pdl. Basta dividere in due la società: da una parte il già citato reddito fisso, lavoro dipendente e pensionati; dall'altra imprese e lavoro autonomo (professioni, commercio, artigiani ecc.).

Per queste categorie sociali, né l'inflazione né la stagnazione rappresentano un'inquietudine. Alle imprese è stato lanciato il messaggio sulla contrattazione da flessibilizzare, sul lavoro precario e perfino su aspetti premoderni del rapporto fra imprenditori e lavoratori, come la cancellazione della legge che impediva la pratica delle dimissioni firmate in bianco. Alle categorie del lavoro autonomo, che Bersani aveva tentato con qualche limitato successo di sottoporre alla concorrenza, viene assegnata di fatto la possibilità di manovrare prezzi e tariffe. Non che il mercato si possa comprimere con i calmieri; ma la scomparsa del contenimento dell'inflazione dalle priorità vere del governo mette allo scoperto la pesante sfasatura, per il reddito fisso e per i contratti, fra l'inflazione programmata, del tutto irrealistica, e l'inflazione reale.

In ogni caso i pilastri dell'azione del governo sono da un lato l'attacco a tutti gli apparati pubblici; dall'altro il tendenziale smantellamento del contrasto all'evasione.

Il primo aspetto è spettacolare (così come è uno show quotidiano l'azione intimidatoria di Brunetta sul pubblico impiego): i trenta miliardi in tre anni di tagli alla macchina pubblica incidono su scuola, università, sanità, sicurezza, e su tutti gli enti locali, in maggioranza di centrosinistra, che avranno difficoltà pesanti nell'assicurare i servizi.

L'altro, il ritiro dalla lotta all'evasione, è più strisciante. Si compone di provvedimenti invisibili, che non fanno titoli sui giornali, e che non accendono la fantasia dei commentatori.

Tanto per dire, sul 'Sole 24 ore' Stefano Micossi riconosce al governo di avere avviato per il paese un percorso di "riforme strutturali, capaci di liberarne il potenziale di crescita e modernizzarne le istituzioni obsolete". Converrebbe allora capire se fra queste riforme va compresa anche l'istituzionalizzazione politica dell'evasione, che l'ex viceministro dell'Economia, l'odiatissimo ma efficiente Vincenzo Visco ha riassunto in questo modo: "Ormai si è convinti che le tasse le debbano pagare solo i lavoratori dipendenti".

Per chi volesse avere un'idea delle misure 'anti-antievasione', secondo Visco non c'è che l'imbarazzo della scelta: abolizione della tracciabilità dei compensi, indebolimento delle norme sugli assegni bancari, eliminazione dell'elenco dei fornitori, con l'aggiunta dello smantellamento dello staff ministeriale che aveva lavorato con il governo precedente.

Via libera al sommerso, quindi, sotto la coltre fumogena di operazioni come la 'social card' e un esproprio patrimoniale con strizzata d'occhio come la 'Robin Tax': tanto che nessuno nell'opposizione sembra in grado di cogliere la portata dello choc sociale che è stato innescato. Vale a dire un trasferimento di ricchezza potenzialmente colossale, mascherato dietro le filosofie di Tremonti sull'economia sociale di mercato, sul federalismo fiscale, sulla resistenza 'di comunità' alla globalizzazione.

Ci sono insomma due linee di confronto, e di scontro, dell'opposizione con la maggioranza: una corre su questa redistribuzione regressiva, di tipo castale. L'altra sull'operazione 'istituzionale' di tipo federalista. Entrambe le iniziative di fondo del governo possono innescare tensioni fortissime nel tessuto sociale e nazionale. Con la prima, l'attacco al reddito fisso, il Pdl ha cominciato a costruirsi il suo blocco politico, e lo fa 'con i nostri soldi', cioè con i soldi dell'opposizione. Con la seconda, aprirà un tiro alla fune spaventoso fra Centro-nord e Sud, che potrà essere gestito soltanto aprendo i rubinetti delle casse pubbliche, cioè a spese del bilancio dello Stato. Con rischi fortissimi o dell'aumento della tentazione separatista, oppure di un attentato materiale alla crescita (ma non importa, si è già visto che nella recessione la maggioranza e i suoi elettori ci sguazzano).

È per questo che il Pd, e tutte le opposizioni residue dovrebbero dedicare l'autunno a un'azione di duro contrasto al progetto generale berlusconian-tremontiano. Il 'dialogo', le 'commissioni à la Attali' e altre finzioni collaboranti vanno lasciate a momenti migliori. Il punto centrale è: attrezzarsi a fare opposizione sulle questioni reali. Per il dialogo sulle questioni immaginarie verranno tempi migliori, forse, chissà, un giorno, se nel frattempo non ci avranno spolpati.
(L'Espresso)

E poi, cazzo, si vive una volta sola…

di Marco Travaglio
Leggo e rileggo il comunicato dell’editore e, lo confesso, continuo a non capire. Una sola cosa capisco: il licenziamento di Antonio Padellaro da direttore dell’Unità non dipende dal fatto che Padellaro non è abbastanza “multimediale”. Sgombero subito il campo da un paio di equivoci. Primo: sono molto affezionato al principio di autorità, nonché al motto lombardo “offelè, fa el to mestè”. Dunque riconosco agli editori il potere di nominare i direttori che più li aggradano e non penso affatto che l’umile collaboratore di un giornale debba metter becco nelle loro decisioni. Ma, siccome a questo giornale collaboro fin dal 2002, avrei preferito che qualcuno spiegasse ai lettori e ai giornalisti dell’Unità perché l’avventura di questo giornale morto nel 2000 e risorto nel 2001 grazie al duo Colombo-Padellaro, a una redazione tenace disposta a ogni sacrificio e a un pugno di editori coraggiosi debba concludersi così bruscamente e inspiegabilmente. Secondo: sono abituato a basarmi sui fatti e dunque non farò processi alle intenzioni, ergo non dirò una parola sul nuovo direttore, Concita de Gregorio, se non che è un’ottima giornalista e una persona squisita, che ho avuto modo di sentirla un paio di volte nelle ultime settimane, che mi ha garantito massima continuità e libertà, che le auguro i migliori successi.

Concita de Gregorio

Ma il punto è ciò che è accaduto finora, negli ultimi tre mesi sottotraccia e negli ultimi tre giorni alla luce del sole. Prima le voci. Poi l'intervista di Walter Veltroni al Corriere della Sera che, all’indomani dell’acquisto dell’Unità da parte di Renato Soru, auspicava un “direttore donna”, cioè il licenziamento di Padellaro (che purtroppo è maschio). Lì s’è avvertita la prima, violenta rottura: non è usuale che un segretario di partito licenzi un direttore di giornale e indichi le caratteristiche del successore, specie se quel giornale non appartiene né a lui nè al suo partito. Se, nell’autunno del 2002, pur provenendo da tutt’altra storia e tradizione, accettai con gioia la proposta di Colombo e Padellaro, mediata dal comune amico Claudio Rinaldi, di collaborare all’Unità con una rubrica quotidiana, fu proprio perché l’Unità non era più un giornale di partito, ma un giornale libero, che rispondeva soltanto ai suoi editori, direttori e lettori. Infatti in questi sei anni mi sono sentito libero di scrivere in assoluta autonomia, senza mai subire le benchè minima censura. Ora quel fatto da troppi trascurato - l’intervista di Veltroni - comporta una svolta non da poco, un peccato originale destinato inevitabilmente a incombere sul futuro. Il secondo fatto è che l’uscita di scena di Padellaro segue, a tre anni di distanza e in qualche modo completa, quella di Colombo, l’altro direttore che aveva resuscitato l’Unità. E attende spiegazioni più plausibili delle chiacchiere sulla “multimedialità”. Il giornale va male? Pare di no, anche se paga le scarse risorse finanziarie (e pubblicitarie) e, politicamente, la grande depressione seguita al biennio della cosiddetta Unione al governo. Se dunque non è un problema di copie (la media giornaliera di 48 mila, con 274 mila lettori, è tutt’altro che disprezzabile, visti i chiari di luna, e speriamo di non doverla mai rimpiangere), è un problema “di linea”. Lo stesso che era stato sollevato nel 2005, quando fu allontanato Colombo.

Ora l’esperienza nata sette anni fa dalla straordinaria alchimia di questi due direttori, capaci di coinvolgere e coalizzare in una sorta di campo-profughi collaboratori delle più varie provenienze e culture, oggettivamente si chiude. Si finisce il lavoro e si completa il disegno avviato nel 2005, quando Furio fu defenestrato dopo mesi di mobbing praticato da ben noti ambienti Ds, insofferenti per la linea troppo autonoma, troppo aperta, diciamo pure troppo libera del giornale. Tre anni fa il disegno si compì a metà, magari nella segreta speranza che Antonio capisse l’antifona e riconsegnasse il giornale al partito che l’aveva ucciso. Padellaro, pur con la sua diversa sensibilità rispetto a Colombo, l’antifona non la capì. Continuò a scrivere e a farci scrivere in assoluta libertà. Beccandosi le reprimende più o meno sotterranee di molti politici del Pd e quelle pubbliche del Caimano. Il quale avrà tanti difetti, ma non quello di nascondere simpatie e antipatie. Lui i veri oppositori li riconosce subito e, a suo modo, li onora molto meglio di chiunque altro. Infatti, a dimostrazione del nostro successo, nei giorni delle ultime elezioni tornò a sventolare minacciosamente l’Unità additandola a nemico pubblico numero uno (chi sostiene che l’antiberlusconismo fa il gioco di Berlusconi, mentre le vere spine nel fianco del Cavaliere sono i “riformisti”, spiegherà forse un giorno perché lui abbia continuato a sventolare l’Unità, anziché Il Riformista o Europa, semprechè ne abbia notata l’esistenza). Ora, è evidente che la chiusura di questo ciclo non si deve a lui. E’ il padrone di quasi tutto, ma non ancora di tutto. Lo si deve a chi, nel centrosinistra, vedeva in questa Unità una minaccia. Salvo poi, si capisce, meravigliarsi insieme a Nanni Moretti se l’opinione pubblica latita (o forse, più propriamente, non trova sponde politiche, punti di riferimento, occasioni di manifestarsi e manifestare). Nell’Agenda Unica del Pensiero Unico del Padrone Unico, mentre la gran parte dell’opposizione dialogava o andava a rimorchio, l’Unità ha continuato a proporre pervicacemente un’altra agenda, un altro pensiero, un altro vocabolario. A dire le cose che, altrove, non si possono dire e a vedere le cose che, altrove, si preferisce non vedere. Nel paese dove, come ha detto efficacemente Gianrico Carofiglio all’Espresso, “da 15 anni Berlusconi è il padrone delle parole della politica”, perché “ha scelto lui i nomi con cui chiamare le cose e gli argomenti”, l’Unità portava ogni giorno in prima pagina altre parole, continuando ostinatamente a chiamare le cose col loro nome, non con gli pseudonimi berlusconiani e dunque “riformisti”: su questa Unità la guerra è guerra, non missione di pace; il separatismo è separatismo, non federalismo fiscale; il razzismo è razzismo, non sicurezza; il monologo è monologo, non dialogo; l’inciucio è inciucio, non riformismo; il regime è regime, non governo di destra con cui dialogare; i mafiosi sono mafiosi e i corrotti corrotti, non vittime del giustizialismo; i processi sono processi, non guerra tra giustizia e politica; le leggi incostituzionali sono leggi incostituzionali, non risposte eccessive a problemi reali; Mangano era un mafioso e chi lo beatifica non “fa una gaffe”: è come lui.
Antonio Padellaro

Mentre scrivo, ho appena letto l’addio di Padellaro. E mi tornano alla mente le nostre mille telefonate all’ora di pranzo (mi sveglio tardi) per decidere insieme la rubrica del giorno. Scambi di battute e trovate che nascevano cazzeggiando e ridendo fra noi fino alle lacrime e poi finivano regolarmente nel “Bananas”, poi nell’”Uliwood Party”, infine nell’”Ora d’aria”. Articoli che, come spesso ci ripetevamo, potevano uscire su un solo quotidiano: questo. Quello che dava il nome alle celebri feste estive, dalle quali sono bandito da quattro anni, pur scrivendo sull’Unità quasi ogni giorno da sei (ma ora han cambiato opportunamente nome). “Un giorno - mi diceva spesso Antonio, tra il serio e il faceto - me le faranno pagare tutte insieme, le tue rubriche, insieme al resto. Ma scrivi tutto, è troppo divertente. E poi, cazzo, si vive una volta sola…”. Ora che quel giorno è arrivato,mi sento soltanto di dirgli grazie. Per avermi sopportato, da gran signore e da liberale autentico, a suo rischio e pericolo. E’ stata una splendida avventura. Speriamo che continui ancora a lungo.
(L'Unità)

Un punto fermo

La Gelmini ci rassicura.
Il Sud ha prodotto almeno una professoressa brava anzi "bravissima". La sua.

Emergenza Ambulanti


Immagino che tra le fila del Centrodestra qualcuno sarà orgoglioso di queste immagini.

domenica 24 agosto 2008

Emergenza rifiuti (umani)

L'Unità

L'avvicendamento alla direzione del giornale sta lasciando perplessi:

Ammissione di Ingerenza.



"La Chiesa ha il diritto di occuparsi di politica perché i problemi li vive in prima persona, non li legge nei sondaggi"
(Cardinal Angelo Bagnasco)











Non so... vuole pure fare la Finanziaria?
Vuole far recitare il rosario prima di ogni seduta alla Camera?
Che so... facciamo un Consiglio dei dei Custodi, stile Iran, per garantire che ogni legge promulgata in Italia sia conforme alle direttive Papali... prego prego... si accomodi.

Faccia come se fosse a casa sua.


Prima di entrare si pulisca i piedi sulla Costituzione.

Se la sono cercata

Pare che ormai "se la sono cercata" è il leit-motive dell'estate 2008.

Se nonostante i 3000 soldati (su 300000 agenti tra polizia e carabinieri, praticamente un'inezia) succede ancora qualcosa di grave in Italia allora... "ve la siete proprio cercata...".

ROMA - Sindaco Gianni Alemanno, cinque mesi dopo il suo insediamento una turista è stata stuprata sotto gli occhi del marito. Li hanno quasi ammazzati. Vengono in mente i casi di Luigi Moriccioli, morto dopo l'aggressione dell'estate scorsa, e quello di Giovanna Reggiani, uccisa a ottobre. Roma è ancora una città insicura.
"No, questo è un episodio limite."

Perché "limite"?

"Non stavano uscendo da una stazione della ferroviaria né andavano sulla ciclabile, come la Reggiani e Moriccioli. Se due turisti vengono a Roma in bicicletta e si vanno ad accampare in un posto abbandonato da dio e dagli uomini dopo aver chiesto consiglio su dove mettere la tenda a un branco di pastori immigrati, ebbene è difficile garantire loro la sicurezza. La loro è stata una grave imprudenza".

Sono cicloturisti, evidentemente in Olanda non corrono rischi e dormono tra i prati. È quindi un problema italiano?
"Non credo proprio. A parte il fatto che in Italia è vietato dalla legge fare campeggio libero nella periferia di una città, ma i due dovevano raggiungere un camping autorizzato a Ostia e lì non sarebbe successo loro nulla. Detto questo, ci sono due cose da fare subito".

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