sabato 12 gennaio 2008

Qualche mia osservazione

In merito alla recente iniziativa di Giulianone Ferrara sulla moratoria degli Aborti, vorrei provare a dire la mia per quel che riguarda il parallelo che si fa tra la moratoria sulla pena di morte e quella sugli aborti.

In genere, l'offensiva clericale, accusa la cultura laica di essere molto intransigente sui principi quando si tratta di pena di morte mentre più indulgente per quel che riguarda l'aborto.
Le cose non stanno così ed è facile anche smontare questo indebito accostamento.
Tenendo bene a mente il saldo principio secondo cui ognuno è padrone assoluto del proprio corpo (e vorrei vedere chi obietta), è facile convincersi come la pena di morte sia un abuso di potere dello Stato sull'individuo.
Lo Stato, in nome della sicurezza sociale, in nome della Giustizia, o di qualunque altro "sacro" principio, si appropria della vita di una persona contro la sua volontà.
Chi si batte contro la pena di morte non fa altro che mettere al primo posto la vita e il diritto di ogni uomo di essere l'unico padrone di sè stesso, o quanto meno, della vita e della morte di sè stesso.
Se, come vorrebbero molti papisti moderni, si VIETASSE l'aborto (magari con una moratoria) si configurerebbe ancora una volta una ingerenza dello Stato nella libera scelta delle persone.
In nome di un principio, di parte e non condiviso da tutti, si deciderebbe che l'utero della donna una volta inseminato diventerebbe Proprietà di Stato. La donna non potrebbe decidere di sè stessa e diverrebbe una specie di "incubatrice". Prospettiva abbastanza inquietante.

A nulla valgono obiezioni sulla "potenzialità umana" presente nel ventre della donna. Vorrei essere un pò crudo, i diritti umani valgono per gli umani non per i "potenzialmente umani". Faccio notare che ogni giorno, in modo del tutto naturale, vengono fecondati ed abortiti milioni di ovuli umani senza alcun intervento sanitario. Non credo che si possa parlare di un Olocausto giornaliero. Quest'ultimo argomento ovviamente, è del tutto insufficiente a convincere nessuno, è solo una mia personale opinione.
Chiunque è liberissimo di pensare che gli stessi spermatozoi siano "potenzialmente umani" e ovviamente si comporterà di conseguenza non sprecandone nemmeno uno.
Quel che è assolutamente inconcepibile è l'obbligo di pensarla tutti allo stesso modo, con leggi dello Stato che OBBLIGANO a comportarsi da cattolici anche se non lo si è.

venerdì 11 gennaio 2008

Andrea's version

Dategli tempo Veltroni sarà il prossimo Forlani.
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Nascere, ma anche no, crescere, ma così così, diventare comunista, senza mai esserlo stato, scoprirsi bianco, sentendosi un po’ nero, credere di non credere in Dio, e contemporaneamente non credere di credere, viversi laico, quantunque anche cattolico, sentirsi juventino, per quanto laziale, e interista, per quanto milanista, amare il cinema, però pure il teatro, la musica rock, però pure il silenzio, le giacche blu, se sono beige, le calze rosse, soprattutto se danno sul blu, Pasolini, ma anche moltissimo Comencini, candidarsi a Roma perché gli ricorda Tripoli, voler vivere a Tripoli perché a Roma basta, poi restare a Roma, ma con Tripoli nel cuore, dar vita alla lista “Progressisti ma con cautela, liberali ma di sinistra, socialisti ma non del tutto, maschi per quanto femmine, tutti uniti per Veltroni”, amare la politica ma non più del romanzo, il giornalismo ma di un certo tipo, sua cugina, ma anche la mia, europeo con venature africane, kennediano con striature asiatiche, dossettiano con la passione di Sturzo, così adulto, ma sotto sotto così bambino, non sarà che quello ha dato un appuntamento a Ferrara come persona ma intendendo la città?
(Il Foglio)

mercoledì 9 gennaio 2008

Aborto- Le Ragioni della Ragione

Un editoriale tratto dalla Stampa in cui io mi riconosco totalmente, anche se forse su posizioni un pò ottimiste rispetto alle mie per quel che riguarda l'opinione pubblica italiana.
Io penso che, purtroppo, l'Italia sia una delle nazioni europee culturalmente più arretrata rispetto ai temi etici e ai diritti civili. Il Vaticano pensa al nostro Paese come "roba sua", come ad un protettorato, e in questo è aiutato anche dalla nostra classe politica che fà a gara a genuflettersi di fronte alla Curia.
Viviamo di rendita rispetto alle conquiste civili ottenute negli anni '70 (Pannella ti ringrazio), la cultura Laica latita o comunque è sulla difensiva rispetto alle iniziative e alle giornaliere prese di posizione della Chiesa e delle organizzazioni cattoliche integraliste.
Teniamo duro, prima o poi questa deriva Controriformatrice finirà.
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Aborto, referendum come sfida
ANTONIO SCURATI

L’Italia non è un Paese cattolico. Le chiese sono vuote, le vocazioni estinte, i testi sacri ignorati. Soprattutto, le scelte di vita fondamentali degli italiani non sono ispirate ai precetti della Chiesa. Si tratta di un fatto di portata ben più ampia della laicità dello Stato. Si tratta di riconoscere che la grande maggioranza degli italiani vive e pensa da laica e da materialista.

La questione dell’aborto ne è la dimostrazione: si rimettano gli antiabortisti alla volontà degli italiani. Se davvero sono convinti del carattere universalistico della loro idea di sacralità della vita, propongano un referendum. Verrebbero pesantemente battuti. Lo dicono i sondaggi, lo dice un’onesta osservazione del mondo, lo dice l’intelligenza della contemporaneità. Questa facile previsione dovrebbe già di per sé stabilire un principio indiscutibile: nessun iter legislativo di revisione della 194 è ammissibile se non lo stesso dal quale quella legge scaturì 27 anni or sono. Vale a dire il grande pronunciamento democratico del referendum. Ogni altro percorso sarebbe esercizio dispotico di potere politico, manipolazione faziosa degli strumenti di deliberazione legislativa, oltraggio al comune senso della vita degli italiani odierni. Ma perché allora le voci più oltranziste degli apparati ecclesiastici e quelle dei laici in odore di conversione sono tanto in dissonanza con il sentimento della vita della maggioranza dei loro contemporanei? È forse una fede più salda a ispirare la loro veemente difesa del presunto «valore della vita», è forse una ragione più alta? No, è un panico morale. La stigmatizzazione dell’aborto legale come crimine contro l’umanità, i toni efferati con cui si evocano «genocidi paranazisti» e «stragi di innocenti» testimoniano non di una forte e libera identità culturale cristiana in seno alla nostra società ma di un suo smarrimento, di un’improvvisa e angosciante sensazione di debolezza dei confini del gruppo dei cattolici nel mondo attuale.

Nuovi attori sociali fanno il loro ingresso prepotente e caotico nella società civile - le donne emancipate, gli omosessuali, le giovani generazioni compiutamente atee e materialiste pur essendo estranee al comunismo - e gli alfieri della tradizione vengono presi dal panico, reagiscono tracciando una linea netta tra il bene da un lato e il malvagio dall’altro. Presi dal panico, cercano incarnazioni del peccato, rappresentazioni instabili e a rapida coagulazione del male. È un cattolicesimo debole questo in preda al panico morale, non un cattolicesimo forte della propria convinzione metafisica. Un cattolicesimo che si svilisce a dottrina morale e di lì subito precipita in partito politico, per altro oramai minoritario, sebbene assurdamente corteggiato e blandito da tutte le altre forze dell’arco parlamentare. Questi cattolici in preda al panico vanno rassicurati: la morale cattolica non è l’unica morale, la civilizzazione umana non cessa con il tramonto dell’egemonia culturale del cattolicesimo, la visione del mondo laica e materialista porta con sé un nuovo umanesimo. Anche per il pensiero materialista la persona umana è un valore supremo, non meno che per lo spiritualismo cristiano, solo che nell’ottica di un’etica laica la persona è l’insieme delle condizioni di vita materiali di un individuo, non un riflesso indecifrabile di un sempre più enigmatico volto divino. La visione materialista - dalla quale scaturirono le correnti migliori della tradizione socialista - non avendo altro orizzonte che quello dell’esistenza terrena, la prende terribilmente sul serio. Quest’ottica conduce a farsi carico dell’esistenza umana nelle sue condizioni concrete invece di limitarsi a proclamare genericamente il principio a priori della sacralità della vita.

Per questo motivo, la predicazione massimalista degli antiabortisti, così come la crociata contro gli anticoncezionali che l’accompagna, rischiano di apparire come le aberrazioni di un umanesimo senz’uomo. Anzi, senza la donna. La religione teologica della vita, nei suoi eccessi fondamentalisti, predica la cura dell’anima dopo la morte o il culto del principio della vita prima della nascita, a rischio di una sostanziale indifferenza per la storia umana che si svolge nel mezzo, nella parentesi tra le cose prime e le cose ultime. L’etica laica si ribella a questa visione, il suo umanesimo materialista le oppone non un’irresponsabilità nichilista ma un’appassionata perorazione dell’esistenza. Ci può essere un’immorale vigliaccheria nell’incantamento per gli assoluti, nella predicazione di principi sacri. A questa, il laico materialista preferisce la coraggiosa lotta con l’angelo della storia e con il demone della contingenza. Invece di divinare la vita in una macchia di gelatina fetale, il laico materialista si affannerà ad aprire asili cui le madri lavoratrici possano affidare i loro bambini, a riaprire consultori dove le adolescenti possano essere educate sessualmente e assistite medicalmente per evitare gravidanze improvvide, a creare condizioni di lavoro stabili per futuri eventuali padri responsabili, si chiederà come vivranno i bambini non voluti, non amati, i bambini deformi e malati fin dalla nascita, come vivranno miliardi di uomini messi al mondo in condizioni miserabili e in assenza di metodi anticoncezionali, preferirà un aborto medicalmente assistito a un feto strappato a cucchiaiate dal ventre materno. Insomma, il laico materialista sceglierà il male minore per un bene possibile invece di aborrire il male assoluto in nome di un bene impossibile.

Il sì alla vita del laico materialista benedirà la creatura in carne e ossa, anche a costo di dire di no al brivido misticheggiante per ciò che rimarrà increato. La carne, le ossa, le lacrime, il sangue sono l’unica cosa che ci riguarda in quanto cittadini membri di una comunità politica. Messe tutte assieme fanno ben più di una poltiglia di materia cieca, fanno l’unica misura comune a un’umanità magari disperata ma ancora appassionata di se stessa. Essere laici e materialisti, oggi più che mai, significa dover fare i conti con lo spettro del nichilismo, ma significa anche prendere sul serio l’esistenza e la sofferenza degli uomini.

domenica 6 gennaio 2008

L'epifania che tutte le feste porta via

Imperversando ad ogni ora del giorno e della notte e su tutti i tg che Mamma Rai e Matrigna Mediaset ci somministrano il messaggio evangelico cattolico apostolico romano...
oggi non si è potuto fare a meno di sorbirci i servizi sulla befana e sui Re Magi.
Ieri nel programma di indottrinamento "A sua immagine" tal padre Raniero Cantalamessa (evito tutte le possibili batttute sul cognome) ha fatto visita in una scuola Statale (e dico... Statale, nessuno che si chieda se in quella classe ci fossero bambini musulmani, buddisti, mormoni, atei, agnostici, ...) per spiegare a degli inermi bambini la favoletta dei Re Magi, con particolari geografici sulla loro provenienza (dalla Persia e/o dal'India) presentando il tutto come manco fosse un fatto storico accertato, tipo la battaglia di Lepanto.

Per amor di verità propongo qui qualche opinione discordante.
Prima di tutto Wikipedia, che proprio non può definirsi un covo di comunisti dominati dal demonio:

I Magi provenienti da oriente, precisamente dalla Persia, furono, quindi, le prime figure religiose ad adorare il Cristo. Non c'è invece traccia, nei "Vangeli dell'infanzia", di una loro autorità regale.
Il Vangelo secondo Matteo è l'unica fonte biblica a descrivere l'episodio.

Il passo di Matteo non fornisce il numero esatto dei Magi ma la tradizione più diffusa, basandosi sul fatto che vengono citati tre doni, parla di tre uomini. In realtà, il testo greco non ne indica né il numero né tantomeno i nomi; parla solo di alcuni Magi dall'oriente

L’esegesi storico-critica, a partire dal XIX secolo, ha proposto dei criteri per distinguere i fatti storici probabilmente accaduti da altri racconti creati dalle primitive comunità cristiane o dagli evangelisti stessi. In questa prospettiva, un gran numero di biblisti contemporanei sottolinea che, nel caso di Mt 2, non ci si trova di fronte ad una cronaca, ma ad una composizione didascalica, midrashica: una "costruzione" letteraria che è stata pensata per fornire un insegnamento.


Qui invece un articolo del Corriere della Sera in cui il vescovo di Canterbury dice la sua su alcune leggende e luoghi comuni