ROMA - La Cassazione dà una mano ai precari dei call center: chi svolge lavoro in un centralino con l'obbligo di osservare un orario, utilizzando strumenti e l'ambiente messi a disposizione dal datore, ha diritto ad un contratto stabile.
Lo ha stabilito la Suprema corte che ha respinto il ricorso di una società del settore pubblicitario che aveva citato in causa l'Inps sostenendo che le ragazze impiegate nel call center all'interno dell'azienda veneta, erano lavoratrici autonome. L'istituto di previdenza sociale, al contrario, aveva accertato la natura subordinata del rapporto fra l'impresa e le dipendenti. Per questo, in prima battuta, il datore di lavoro si era rivolto al Tribunale di Padova che, nel 2001, gli aveva dato ragione affermando la natura autonoma del lavoro prestato dalle giovani.
La Corte d'appello di Venezia era invece pervenuta ad una decisione opposta dichiarando che il lavoro svolto dalle 15 ragazze aveva natura subordinata. Contro il secondo verdetto l'azienda aveva presentato ricorso in Cassazione ma ha perso. I giudici della sezione lavoro hanno ritenuto corretta la sentenza della corte d'appello. Ciò perché, ha spiegato la Cassazione, "il giudice di merito ha ritenuto elementi qualificanti della subordinazione delle dipendenti, le circostanze che seguivano le direttive impartite dall'azienda, avevano un preciso orario di lavoro e utilizzavano attrezzature e materiali della società".
(La Repubblica -15 aprile 2008)
Sarebbe bellissimo. Peccato che i call center ci mettono molto poco a trasferirsi a Singapore. E la globalizzazione, bellezza.
Le foglie morte non sono
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Le foglie, che morte non sono,
irradiano in cielo la luce,
filtrata dai rami che, nudi, vestirono.
E mi sembra, camminando,
che pestarle sia peccato
ché ...
1 mese fa
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