Nel post sulla stagflazione ho fatto un cenno al ruolo delle banche centrali nelle politiche di lotta all'inflazione o alla deflazione. Vediamo cosa è successo negli ultimi anni. Con la creazione della moneta unica europea, l'euro, gli stati membri dell'Unione Europea hanno compiuto un grande atto di delega della loro sovranità, almeno in campo economico, hanno deciso cioè di rinunciare alla loro sovranità sul controllo della moneta e di delegare tale compito a un solo organo sovranazionale: la Banca Centrale Europea (BCE). La gloriosa Bundesbank, la Banque de France, la Banca d'Italia e tutte le altre banche centrali europee perdono uno dei due poteri fondamentali: quello di governare la moneta. Di fatto hanno mantenuto solo l'altro potere fondamentale, quello di svolgere un ruolo di vigilanza sull'operato delle banche commerciali. Bene, fino dall'inizio la BCE ha fatto capire chiaramente quale sarebbe stato il suo obiettivo irrinunciabile: la lotta all'inflazione.
Tutto l'apparato macroeconomico europeo, le politiche fiscali dei paesi membri imbrigliate dai parametri del deficit e del debito (il famoso obbligo di mantenimento del rapporto deficit/pil entro il 3%)e le politiche monetarie della Banca Centrale hanno, dall'entrata in vigore dell'euro un unico obiettivo: tenere a bada l'inflazione. E la BCE ha svolto bene il suo compito. Di fatto in questi anni non ha mai operato se non nel senso di aumentare il TASSO UFFICIALE DI SCONTO. Cerchiamo di spiegare un po'.
Una banca centrale può intervenire nell'economia monetaria in due modi:
- con la manovra del Tasso ufficiale di Sconto
- con le manovre del mercato aperto.
Con le manovre del mercato aperto l'effetto si raggiunge per altre vie, in pratica la banca centrale vende sui mercati i titoli del suo immenso portafoglio e raccoglie moneta, cioè la sterilizza.
Ora, ritornando alla Banca Centrale Europea, cosa è successo? Dicevamo che per questa sua missione di lotta all'inflazione ha sempre operato nel senso di aumentare il tasso ufficiale di sconto, mai una diminuzione anche con una economia europea in affanno che avrebbe tratto un sospiro di sollievo se il denaro fosse costato un po' meno: gli imprenditori magari avrebbero fatto qualche nuovo investimento che non avrebbe di certo guastato. Ora, questi aumenti del TUS cosa hanno prodotto? Un aumento del costo dei mutui ovviamente, di quei mutui che milioni di italiani hanno contratto per comprare la casa. Milioni di famiglie italiane hanno visto aumentare paurosamente il costo del mutuo, si calcola infatti un aumento della rata media da 550 euro mensili a 771 euro mensili una bella botta non c'è che dire soprattutto per una famiglia mono-reddito. E qui si aprirebbe una bella discussione sulla responsabilità delle banche che hanno invogliato gli italiani a sottoscrivere mutui a tasso variabile esponendoli così a un rischio pauroso, quello di un improvviso aumento dei tassi, cosa che si è puntualmente verificata. Quindi, se oggi tante famiglie italiane non riescono ad arrivare alla fine della terza settimana con il loro reddito, una parte della colpa è anche da attribuire all'atteggiamento intransigente della BCE nei confronti del fantasma dell'inflazione.
C'è da dire a difesa della banca guidata da Trichet che una moneta difesa dall'inflazione è anche una moneta che tutti chiedono e tutti accettano nei pagamenti internazionali. Si proprio così, questo è il motivo per cui l'euro è oggi la moneta più forte e stabile del pianeta, più del vecchio e traballante dollaro o dello yen giapponese. E l'euro forte ci tiene protetti dagli aumenti vertiginosi dei prezzi del petrolio. In conclusione, se dobbiamo tirare le orecchie alla BCE per l'aumento del costo dei mutui, dobbiamo ringraziarla per la stabilità della nostra moneta e per i prezzi, nonostante tutto non eccessivi dei prodotti derivati dal petrolio. Come sempre in economia nessuna decisione può avere conseguenze solo positive.
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