Sul testamento biologico.
Secondo monsignor Betori si può avere libertà di coscienza senza autodeterminazione. Vito Mancuso non capisce (e non è l'unico) e scrive al Corriere.
di Vito Mancuso
Il 1° ottobre monsignor Giuseppe Betori, segretario uscente della Cei, dichiara che sull' interruzione o meno delle cure «non spetta alla persona decidere». Il giorno dopo la filosofa Roberta de Monticelli scrive sul Foglio che «questa dichiarazione è la più tremenda, la più diabolica negazione dell' esistenza della possibilità stessa di ogni morale», e con ciò sancisce «l' addio a qualunque collaborazione diretta o indiretta con la Chiesa cattolica italiana». Il giorno dopo monsignor Betori replica su Avvenire, distinguendo la libertà di coscienza (che approva) dal principio di autodeterminazione (che deplora). Non riuscendo a cogliere la pertinenza di tale distinzione, io chiedo in che senso la libertà di coscienza sarebbe diversa dalla libertà di autodeterminazione. Che cosa se ne fa un uomo di una coscienza libera a livello teorico, se poi, a livello pratico, non può autodeterminarsi deliberando su se stesso? Di se stessi infatti si tratta quando si parla di testamento biologico, della propria vita e della propria morte, non di quella di altri. Il fatto è che noi cattolici non abbiamo le idee chiare in materia di libertà di coscienza. L' abbiamo rivendicata contro l' Impero romano quando eravamo minoranza, poi l' abbiamo negata quando siamo diventati maggioranza, arrivando persino (noi che oggi difendiamo gli embrioni!) a uccidere chissà quante migliaia di eretici solo per il fatto che esercitavano la loro libertà di coscienza. Tale repressione della Chiesa era motivata dalla difesa della verità, oggettivamente superiore alla capacità soggettiva di intenderla. Oggi che i Papi sono paladini della libertà di coscienza, si è forse svenduto il primato della verità? No, si è semplicemente fatto un passo in avanti, capendo che il rapporto dell' uomo con la verità passa necessariamente attraverso la coscienza. Il primato oggettivo della verità permane, ma non è tale da sopprimere la libertà della coscienza, la quale può persino giungere a rifiutare la verità; e immagino che anche monsignor Betori sia contrario a punire con il rogo una tale condotta. Allo stesso modo questo vale per la vita fisica. L' affermazione del primato della vita come dono non può esercitarsi a scapito di chi, tale dono, non lo riconosce o non lo vuole più. Se è un dono, dono deve rimanere, e non trasformarsi in un giogo. Nel Vangelo è lampante la libertà di cui si gode: i figli se ne possono andare da casa, le pecore allontanarsi dal gregge, persino le monete si possono perdere. Dio rispetta l' autodeterminazione dei singoli. Se così non fosse, non sarebbe la fede ciò che ci lega a lui, ma l' evidenza che non ammette deviazioni. Insomma a me pare che sia molto più evangelica (oltre che molto più moderna) l' identificazione tra libertà di coscienza e principio di autodeterminazione sostenuta da Roberta de Monticelli, che non la loro distinzione sostenuta da monsignor Betori. Ma ho fiducia nello Spirito: come la Chiesa è giunta ad accettare la libertà di coscienza sulla dottrina, così giungerà ad accettare la libertà del soggetto rispetto alla propria (alla propria, non a quella di altri!) vita biologica. Spetta alla persona decidere; non ai medici (che vanno ascoltati), non ai vescovi (che vanno ascoltati), ma alla persona, a ognuno di noi.
(il Corriere della Sera)
Le foglie morte non sono
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Le foglie, che morte non sono,
irradiano in cielo la luce,
filtrata dai rami che, nudi, vestirono.
E mi sembra, camminando,
che pestarle sia peccato
ché ...
1 mese fa
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