La meritocrazia compie cinquant’anni, ma non ha ancora ottenuto la cittadinanza italiana. Nata nel 1958 dalla penna dell’inglese Michael Young, è una parola che stenta ad attecchire nel nostro lessico quotidiano, soprattutto in quello della politica. Roger Abravanel ha avuto il merito (è proprio il caso di dirlo) di rispolverarla e di farne oggetto di un graffiante pamphlet, appena pubblicato da Garzanti.
Viviamo in un Paese che scoraggia i talenti fin dai banchi di scuola e favorisce le caste e i privilegi ereditari, sostiene Abravanel. Bisogna prendere esempio dall’America, dove le università sono selettive e i migliori, i più intelligenti, quelli che si impegnano di più vengono promossi ai posti di responsabilità nelle aziende e nella pubblica amministrazione. Quale che sia la loro origine sociale.
È la «Education Based Meritocracy», la meritocrazia fondata sull’istruzione, teorizzata nel 1972 da Daniel Bell: nella gara al successo vincono i più bravi, non i figli di papà. Una scuola esigente getta le basi di una società più giusta. Una bella utopia che non sta in piedi, ha obiettato il sociologo britannico John Goldthorpe intervenendo al Festivaleconomia di Trento. Statistiche alla mano, Goldthorpe ha dimostrato che in Inghilterra i bei voti o una buona laurea non bastano a sfondare nella vita professionale e non cancellano lo svantaggio di provenire da una famiglia operaia.
Aveva ragione il vecchio liberista von Hayek, secondo il quale soltanto i regimi totalitari riescono a programmare le carriere degli individui, sia pure con risultati disastrosi. In una società aperta la diseguaglianza è ineliminabile e i criteri per valutare il merito non sono oggettivi: ci sarà sempre qualche povero di talento che resta indietro e qualche somaro ben pasciuto che gli passa davanti.
Cosa significa, che dovremmo rinunciare a investire nell’istruzione, e rassegnarci al familismo amorale? Dopotutto l’America è il paese in cui una Michelle Obama, nata in una povera famiglia di neri del South Side di Chicago, può frequentare Princeton e la Harvard Law School e diventare, forse, la futura First Lady. Da noi non sarebbe riuscita nemmeno a prendere una licenza di taxi. Il modello Oxbridge o Harvard è ben lontano dalla perfezione, e non garantisce di per sé la giustizia sociale.
Ma se c’è un regime sicuramente iniquo è proprio la «Bad Education troppo tempoBased Demeritocracy», la Demeritocrazia fondata sulla mala-educazione (e sulla furbizia), che da troppo tempo impera in Italia.
Riccardo Chiaberge
Le foglie morte non sono
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Le foglie, che morte non sono,
irradiano in cielo la luce,
filtrata dai rami che, nudi, vestirono.
E mi sembra, camminando,
che pestarle sia peccato
ché ...
1 mese fa
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